Firme false M5S, 13 indagati: i deputati Mannino e Nuti si rifiutano di rispondere ai Pm
Prosegue l'inchiesta relativa alle firme false presentate nel 2012 da alcuni attivisti del Movimento 5 Stelle palermitano a sostegno della candidatura a sindaco del capoluogo siciliano di Riccardo Nuti, attualmente parlamentare della Repubblica. Secondo gli ultimi aggiornamenti, sarebbe salito da 10 a 13 il numero di indagati dalla procura di Palermo.
Oltre ai nomi già resi noti la scorsa settimana, risultano attualmente iscritti nel registro degli indagato Pietro Salvino, marito della deputata pentastellata Claudia Mannino, la parlamentare Giulia Di Vita, e Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo – non indagata – e presentatore ufficiale delle famigerate liste in tribunale. Inoltre è emerso che durante gli interrogatori condotti dai Pm di Palermo, il deputato regionale del M5S Giorgio Ciaccio – che si è già autosospeso dal Movimento – avrebbe raccontato nei minimi particolari lo svolgimento della vicenda che ha portato alla presentazione di circa 2000 firme false a sostegno della candidatura di Nuti, confermando il racconto della collega Claudia La Rocca, la prima deputata regionale del Movimento 5 Stelle ad auto-accusarsi del reato contestato.
Al contrario, invece, risulta che la parlamentare nazionale Claudia Mannino e il collega Riccardo Nuti, interrogati questa mattina in Procura, si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere. La Mannino, insieme al marito Salvino, ha inoltre rifiutato di rilasciare il saggio grafico richiesto dagli inquirenti, uno strumento fondamentale nell'ambito della perizia grafologica perché permette di effettuare la comparazione tra la grafia degli indagati e quella presente sui presunti documenti falsificati. L'attivista Alice Pantaleone è stata sentita sabato mattina dai Pm, insieme all'aspirante sindaco di Palermo Samantha Busalacchi – la quale ha invece rifiutato di rispondere alle domande dei magistrati – e ha sia rilasciato il saggio grafico richiesto e attraverso il suo avvocato ha inoltre sostenuto di aver una posizione marginale nella vicenda e ha respinto ogni accusa, non avendo partecipato alla ricopiatura delle firme.
"Indubbiamente abbiamo sbagliato, non possiamo negarlo, ci sono le condizioni per le quali si possa presumere che il fatto sia avvenuto e quindi ora dobbiamo risponderne. Il quadro è abbastanza delineato, il collegio dei probiviri che abbiamo votato deciderà nel merito se non c’è l’autosospensione, ci sarà la sospensione d’ufficio. Adesso il clima è complicato ma ci stiamo ragionando. Alla chiusura della campagna referendaria tutto questo però desta sospetti, a nemmeno sei mesi dalla campagna per le comunarie è quasi scontato che possano esserci state, non dico delle manovre, ma quantomeno la preterintenzione", ha spiegato Giampiero Trizzino, parlamentare all’Ars del Movimento 5 stelle.