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“Far decadere Berlusconi da senatore? È incostituzionale”. Ecco come il Cav. può salvarsi

Il Giornale riporta una serie di pareri di studiosi e costituzionalisti secondo cui la legge Severino non può applicarsi al Cavaliere poiché non può avere effetto retroattivo.
A cura di Redazione
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A poche settimane dalla decisione della Giunta per le elezioni sulla decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore e a pochi giorni dalla esecuzione della pena detentiva (ancora oggi si discute sulla possibilità che il Cavaliere chieda l'affidamento in prova ai servizi sociali o gli arresti domiciliari), è Il Giornale ad ipotizzare che il percorso che gli organismi parlamentari hanno impostato non sia così lineare. Stando al parere di alcuni costituzionalisti, Guzzetta, Tarasco e Armaroli tra gli altri, infatti, è forte il rischio che una eventuale dichiarazione di decadenza dalla carica senatoriale di Silvio Berlusconi violi la Costituzione (o addirittura la Convenzione europea dei diritti dell'Uomo).

Così argomenta Laura Cesaretti sul quotidiani diretto da Alessandro Sallusti: "La materia è delicata, e la Costituzione, all'articolo 66 parla chiaro: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità». In più, come ha fatto notare il costituzionalista Giovanni Guzzetta, la legge Severino rispetto al caso Berlusconi avrebbe una applicazione retroattiva, visto che i fatti per cui è stata comminata la condanna risalgono a tempi ben precedenti il varo della legge. Questione che, secondo Guzzetta, «suscita notevoli dubbi sul piano della costituzionalità e di una possibile violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Ma non basta, perché secondo il professor Armaroli non si può applicare la retroattività alla legge Severino, perché "gli unici casi in cui si applica la retroattività dalla legge penale si verifica quando si passa da un regime all'altro, per esempio dal fascismo alla democrazia".

Altro discorso quello sollevato da Leo Tarasco, che ricorda come non possa essere la magistratura con una sentenza a decidere sulla permanenza in Parlamento di un senatore eletto dal popolo: "La magistratura non può annullare il voto popolare, essendo una decisione del genere sempre rimessa a ciascuna Camera di appartenenza, come recita l'articolo 66". Tutto chiaro, dunque? Non proprio, perché le eccezioni dei costituzionalisti citati dal Giornale sono sostanzialmente contestate da un altro gruppo di "colleghi" secondo i quali invece la stessa norma approvata dal Governo Monti implica come percorso obbligato la decadenza di Berlusconi e che alle Camere spetti solo la ratifica di tale passaggio (come da prassi, del resto, in caso di condanne passate in giudicato). Resta ovviamente da capire quale sarà l'esito del confronto in Giunta, per una decisione che rischia di avere conseguenze immediate sulla stabilità del Governo guidato da Enrico Letta.

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