“Zaporizhzhia non sarà Chernobyl, si cercherà di evitare incidenti”: parla l’esperto militare russo
I reattori di Zaporizhzhia “corrono i rischi di ogni edificio in prima linea, ma non possono essere distrutte da semplici droni”. E sia le forze armate di Mosca che quelle di Kyiv “non hanno alcun interesse a colpirli in modo fatale e scatenando un disastro nucleare”: secondo uno dei maggiori e più famosi esperti militari russi, possiamo stare tranquilli. O quasi. Perché “in guerra il peggio può sempre accadere”. E “la già esistente collaborazione di fatto tra le due parti per preservare l’incolumità della centrale ha purtroppo limiti forti quanto ovvi”.
L’analista ritiene che l’Ucraina non sia sull’orlo della disfatta, perché “l’aviazione russa non ha il controllo dei cieli sopra al Paese che ha invaso”. Il Cremlino “potrebbe decidere una massiccia offensiva all’inizio dell’estate”. Ma per poter sfondare le linee nemiche “si dovrà ricorrere a una mobilitazione parziale”. E la cosa “potrebbe risultare indigesta” alla popolazione che — in elezioni senza contendenti e verosimilmente viziate da brogli — lo ha appena riconfermato presidente. Un motivo che potrebbe contribuire a convincere Putin a cercare una tregua.
Chiameremo il nostro interlocutore “Ivan”, come il soldato semplice russo per antonomasia. Non riveliamo la sua identità per motivi di sicurezza: “Ivan” si trova in Russia, è una persona nota e appartiene a una famiglia che è già stata oggetto di attenzioni non proprio amichevoli da parte delle autorità. Con le leggi attuali, a parlare liberamente della guerra in Ucraina rischia fino a 15 anni di prigione per “discredito delle forze armate”. Articolo 207.3 del codice penale. Dal febbraio scorso, una nuova norma prevede per i “colpevoli” dello stesso reato anche il sequestro dei beni.
Ivan, cosa rischia l’Europa dalla situazione a Zaporizhzhia? Una catastrofe peggiore di Chernobyl?
È la più grande centrale nucleare d’Europa ed è continuamente in pericolo, perché si trova sulla linea del fronte. Una fuga di isotopi radioattivi potrebbe tramutarsi in un enorme disastro. Ma non credo che ci sia la volontà di colpirla davvero. Il rischio che corre la centrale è analogo a quelli che corrono tutti gli edifici in prima linea. Le forze armate ucraine sono sulla riva destra del fiume Dnepr. Quelle russe, che occupano la centrale, sulla sinistra. L’impianto rischia di diventare una “vittima collaterale”. Per fortuna al momento l’attività su quel fronte non è intensa quanto quella nell’area di Avdiivka, per esempio. E che semplici droni, tantomeno rottami di droni intercettati dalla contraerea, non sono in grado di creare danni fatali alle robuste cupole dei reattori.
Ma chi ha sparato sui reattori? I russi o gli ucraini?
Non lo so, e cambia poco. Ritengo difficile che si sia trattato di colpi mirati.
Ma non c’è un aspetto di guerra psicologica? Lo scenario di un disastro nucleare è un deterrente anche per l’Europa, che sta aiutando Kyiv. I russi certamente in passato hanno fatto delle centrale di Zaporizhzhia un obiettivo e talvolta un bersaglio. C’è una strategia dietro?
L’area ha un forte valore strategico di per sé. Per la sua posizione geografica. La conquista della centrale da parte dell’esercito russo ha amplificato questa valenza. Ma entrambe le parti hanno l’interesse a che la centrale non salti per aria. Infatti è stata fortemente depotenziata. In pratica, non produce più energia dal 2022. Certo, la collaborazione tra russi e ucraini per preservarla potrebbe essere maggiore. E nell’ipotesi che Zaporizhzhia, importante anche al netto dei suoi reattori, diventi un’area calda del fronte nei prossimi mesi, i timori di una catastrofe diventerebbero ben più fondati di quanto lo siano oggi.
Si aspetta anche lei un’offensiva russa, nelle prossime settimane?
Non così presto. Il disgelo primaverile sta creando condizioni che impediscono ogni manovra militare ad alta intensità. Per un’offensiva massiccia si dovrà attendere l’estate. E poi ci sarà tempo fino a ottobre per ottenere risultati tangibili. Da una parte o dall’altra.
Ma come? L’Ucraina sembra ormai alle corde. Non si aspetta una schiacciante vittoria russa?
Non credo a un collasso improvviso e devastante dell’Ucraina. Lanciare un’offensiva è una cosa. Il suo successo è un altro paio di maniche. Certo, sembra che la discrepanza di uomini e mezzi tra i due belligeranti sia notevole. La Russia ha i missili a lungo raggio. È più grande e più forte. Senza dubbio. Ma non sempre questo è sufficiente, in guerra. Basti vedere la performance a dir poco insoddisfacente della flotta del Mar Nero. Un altro problema della Russia è la mancanza di superiorità aerea sull’Ucraina. Non è come in Siria, dove abbiamo dominato completamente i cieli. Le perdite subite nelle prime settimane dell’invasione dell’Ucraina, in termini di aerei e soprattutto di piloti ben addestrati è stata ingente e ha convinto la nostra aviazione a non avventurarsi sul territorio nemico.
Quindi, le difese antiaeree fornite dall’Occidente continuano a essere fondamentali?
Ne servirebbero di più. Ma certo ogni offensiva russa che cercasse la profondità non potrebbe al momento contare sul supporto pieno dell’aeronautica. Il controllo dei cieli è totale sulla Russia e sui territori conquistati. Ma non sul territorio nemico. A parte le incursioni con i droni e i missili a lunga gittata su città e infrastrutture, le forze russe non possono contare che su 15, 20 chilometri di profondità, per ogni azione oltre il fronte. Ciò significa che le riserve e la logistica ucraine sono più o meno al sicuro e restano intatte. Soprattuto, resta intatta e in grado di nuocere la sua difesa antiaerea.
Ma come diceva, la Russia ha i missili a lunga gittata…
Sì, e possono colpire dappertutto in Ucraina. Ma solo obiettivi limitati. Comunque, la Russia non ne ha all’infinito, di missili a lunga gittata. E non sono quel che serve per un’offensiva che travolga il fronte e penetri a fondo in territorio nemico. Per quello serve la copertura aerea. Il controllo dei cieli. Anche per colpire la logistica: i missili a lungo raggio distruggono obiettivi fissi. I treni e i convogli che trasportano i rifornimenti delle forze di Kyiv però si muovono continuamente e non sono a tiro. Senza una supremazia aerea, il successo di una grande offensiva è quanto meno dubbio. E la Russia non ce l’ha, la supremazia aerea sul territorio ucraino.
Naturalmente, tutto dipenderà dagli aiuti occidentali.
Che però arriveranno. Gli Usa sembrano sul punto di sbloccare il pacchetto da 60 miliardi bloccato in parlamento. L’Europa sembra aver compreso che non ci sono molte alternative all’aiuto militare. In particolare, se Kyiv avesse la possibilità di colpire in profondità le riserve russe con missili a lunga gittata la situazione potrebbe cambiare a suo favore, per quanto riguarda la capacità di resistere agli attacchi nemici.
Riassumendo, si aspetta un attacco russo ma non risolutivo. Servirà comunque una nuova mobilitazione parziale, per sferrare l’attacco?
Certamente sì, se vorrà essere un attacco in grado di creare serie difficoltà al nemico.
E come sarebbe presa dalla popolazione, una nuova mobilitazione?
Probabilmente non bene. È un rischio politico, per Putin. Per questo ha privilegiato la guerra di attrito, sperando di stancare Kyiv e l’Occidente. E di erodere la capacità difensiva ucraina, soprattutto quella anti-aerea. Senza grande successo, per ora.
Detto tutto questo, pensa allora che Putin possa prendere in considerazione una tregua che congeli la situazione attuale sul terreno e che apra a trattative? Qualche settimana fa ha detto chiaramente che sta vincendo e che quindi non è il momento di far la pace.
Dal Cremlino, come spesso succedo, arrivano segnali contrastanti e a volte confusi. La linea ufficiale resta che si è pronti al negoziato. A patto che l’Ucraina non entri nella Nato e che vengano riconosciute tutte le conquiste territoriali russe. Cosa poco realistica, viste le posizioni di Kyiv.
Ma Zelensky vuole una conferenza di pace in Svizzera. A cui non parteciperebbero i russi ma che potrebbe elaborare proposte per Mosca.
L’unica soluzione che potrebbe diventare accettabile anche per Mosca sarebbe forse una soluzione “coreana”. Con i combattimenti che si esauriscono, il cessate il fuoco, la creazione di una zona demilitarizzata e il rinvio sine die di un vero trattato.