Wafaa, la bambina siriana sfigurata in viso da una bomba: “I miei abiti fusi con la pelle”
Wafaa Keyari aveva solo sei anni quando una bomba è caduta sulla sua casa nel quartiere Sakhour, ad est di Aleppo. In quell'istante, si trovava accanto ad una bombola di gas: l’esplosione l’ha colpita in pieno, lasciandole ustioni in tutto il corpo. Due anni dopo quel terribile momento, la bambina vive con la famiglia in un campo per sfollati alla periferia di Aleppo, dove ha incontrato gli operatori dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr).
Wafaa guarda da distante gli altri bambini giocare. Non si unisce molto spesso a loro a causa del suo aspetto. Lo scoppio della bombola di gas ha sfigurato completamente il suo volto, ma continua timidamente a sorridere anche quando racconta i terribili momenti dell’esplosione. “Quando è scoppiata la bombola del gas ero proprio lì accanto. Io e mio padre siamo rimasti bruciati e un uomo è morto”. “Ero cosciente quando mi hanno portata in ospedale”, ricorda. “I vestiti di lana che avevo addosso sono rimasti attaccati al corpo e così i medici per togliermeli hanno dovuto strapparmi anche la pelle. Ho sofferto molto perché – continua Wafaa – non hanno usato anestesia”.
Rimasta senza casa, la sua famiglia trovò riparo da alcuni parenti. Alla fine del 2016, però, di fronte all'offensiva dell’esercito siriano per riconquistare la parte orientale della città in mano agli insorti, dovette fuggire di nuovo. Da quattro mesi vive assieme al padre e ai suoi sette fratelli in alcuni magazzini ad ovest di Aleppo divenuti la dimora improvvisata di chi, come lei, non ha più un luogo dove andare. Wafaa, con addosso una sciarpa viola e un cappello di lana verde, si aggira per il campo di sfollati spiegando che, nonostante tutto, è felice perché è sopravvissuta al bombardamento.
Lei e la sua famiglia fanno parte dei quattrocentomila che vivono da sfollati ad Aleppo e la loro unica forma di sopravvivenza arriva grazie agli aiuti dell'Onu e di altre Ong. All'interno del campo è stata allestita una scuola e Wafaa ha da poco ricominciato ad assistere alle lezioni assieme agli altri bambini. In marzo è stata sottoposta a Damasco ad una prima operazione di chirurgia plastica. I medici non sanno ancora quale sarà l’esito finale però la bambina è emozionata alla sola possibilità di recuperare il suo aspetto. “La prima volta che mi sono guardata allo specchio – racconta dopo il primo intervento – ho visto solo un piccolo miglioramento”. “Ma non avevo paura – dice con un leggero sorriso – ero felice”.
Anche Aleppo, come Wafaa, porterà su di sé ancora per molto tempo le cicatrici della guerra. Nonostante la relativa calma che vive la città dopo i furiosi combattimenti dei mesi scorsi, la situazione rimane ancora critica, come ha ricordato Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Circa il quaranta per cento della città è distrutta e più della metà dei suoi abitanti sono morti o fuggiti. Secondo gli ultimi dati Onu, quasi 5 milioni di persone sono rifugiati all'estero e altri 6,3 vivono come sfollati all'interno del Paese. “Si può dire molto poco – ha affermato Grandi dopo una recente visita in Siria – queste rovine parlano da sole”. “Quando vedi i vestiti dei bambini ancora appesi alle finestre, le cucine sventrate dai bombardamenti, capisci che la guerra ha interrotto improvvisamente la vita delle persone”, ha aggiunto il diplomatico. “Credo – ha concluso Grandi – che tutto ciò peserà sulla coscienza del mondo interno per generazioni”.
Wafaa ricorda ancora com'era il suo volto prima dell’esplosione e quando le chiedono se l’incidente le abbia cambiato la vita, dopo un attimo di esitazione, risponde sorridendo: “No. Continuo ad essere la stessa bambina carina di prima”. Altre operazioni chirurgiche l’attendono, però questa bambina di otto anni non smette di essere ottimista, dimostrando a tutti la sua forza.