Wael al-Saud, un bimbo siriano di 9 anni, non sopportava più le discriminazioni e gli insulti di cui era vittima a scuola. Giovedì scorso, il suo corpo è stato ritrovato impiccato al cancello di un cimitero a Kartepe, una città della provincia turca di Kocaeli. Il padre Mustafa, un medico veterinario, aveva deciso di fuggire dalla Siria in fiamme quattro anni e mezzo fa. Dopo un primo periodo ad Ankara e Alessandretta (Iskenderun, in turco), la famiglia era arrivata a Karpete, dove il bambino frequentava la quinta elementare. “Wael era un bambino sensibile, intelligente e calmo. Amava la vita”, ha detto il padre. “Era molto maturo per la sua età – ha continuato Mustafa – ma i suoi compagni di classe lo discriminavano dicendogli: ʻSei un siriano, tornate nel tuo Paeseʼ”.
Giovedì mattina, Wael aveva litigato con alcuni alunni e l’insegnante aveva deciso di lasciarlo fuori dalla classe. “Dopo aver pranzato – ha proseguito il padre – ha detto alla sorella che sarebbe andato alla moschea a pregare. Non è più tornato”. Le telecamere di sicurezza lo riprendono mentre cammina con una corda o una cintura in mano. Sono gli ultimi istanti di vita del bimbo. Verso sera, la drammatica scoperta da parte di alcuni abitanti: il piccolo si era tolto la vita impiccandosi all'inferriata del cimitero. La Procura di Kocaeli ha aperto un’inchiesta per stabilire le cause della morte. “Crediamo sia trattato di suicidio – ha dichiarato un funzionario – tuttavia, al fine di determinare se Wael sia stato vittima di un’aggressione, abbiamo inviato il suo corpo alla medicina legale per un esame autoptico”. I compagni di classe e gli insegnanti del bimbo saranno sentiti da una commissione incaricata di far luce sul caso. Il ministro dell’istruzione turco, da parte sua, ha negato che dietro il tragico gesto del piccolo ci sia il razzismo. “Dalle prime informazioni – si legge in un comunicato – non ci risulta fosse vittima di bullismo. Wael è stato eletto ʻstudente del meseʼ; era un bambino molto amato dal resto degli alunni e insegnanti”.
La morte di Wael ha infiammato gli animi della comunità siriana, secondo cui alla base del estremo gesto del bimbo ci sarebbe il clima d’odio e avversione che molti turchi stanno manifestando verso i rifugiati. Il suicidio di questo bambino – ha affermato sui social l’attivista siriana Lina Shamy – dovrebbe portare ad un cambiamento delle leggi, a un sistema più giusto che protegga qualsiasi essere umano da questa folle diffusione del razzismo”.
“E’ inimmaginabile l'orrore e l'entità del dolore e della disperazione che hanno portato un bambino siriano di 9 anni ad impiccarsi al cancello di un cimitero in Turchia a causa del bullismo e della discriminazione razziale”, ha scritto Haitham Othman, il fondatore di Children of One World, una Ong turca che si batte per i diritti dei bambini e contro l’esclusione sociale.
Sulla tragica fine di Wael si è espresso anche Mustafa Yeneroglu, parlamentare del partito della Giustizia e dello Sviluppo. “Stiamo osservando molti incidenti in cui i bambini rifugiati vengono esclusi nelle scuole – ha dichiarato il politico – i piccoli come Wael non devono perdere la speranza nella vita”.
Clima d’odio verso i rifugiati in Turchia
Dal 2011, anno di inizio della guerra in Siria, oltre 3 milioni e mezzo di persone hanno trovato rifugio in Turchia. Negli ultimi mesi, però, sono molte le aggressioni a sfondo xenofobo e razzista contro la comunità siriana. Incidenti alimentati anche dalla stampa. “Circolano notizie false di come i rifugiati ottengano uno stipendio dal governo mentre i cittadini turchi soffrono a causa della crisi economica”, ha affermato Sukru Oktay Kilic, analista di Teyit, organizzazione turca contra le “bufale” diffuse sui media. Il rapporto annuale pubblicato dalla Hrant Dink Foundation ha rivelato che nel 2018 i media turchi (sono stati considerati tutti i giornali nazionali e 500 a tiratura locale) hanno pubblicato 918 articoli pieni di “incitamento all'odio” contro i siriani. Il 21 settembre, nella provincia di Adana, alcuni facinorosi hanno dato fuoco alla casa di un cittadino siriano accusato ingiustamente di aver molestato sessualmente un bambino di 11 anni. Il colpevole degli abusi, si è scoperto dopo, era un 20enne turco. Questo episodio è solo l’ultimo di una serie di violenze che hanno preso di mira i rifugiati in Turchia. Un'ondata di ostilità che è tra le cause per cui tanti siriani abbiano ripreso ad imbarcarsi su un gommone nel tentativo di raggiungere la Grecia.