“Violentata mentre tornavo da lavoro”: i racconti delle sopravvissute a violenza sessuale nelle cliniche di MSF
"Quando sono stata violentata e rapita, non ne ho parlato con nessuno. Dopo la violenza ho perso il lavoro, stavo male, non riuscivo a camminare bene perché mi avevano violentata selvaggiamente. Nessuno degli stupratori ha avuto pietà, mi hanno picchiata a sangue. Ero traumatizzata, mi sono chiusa in casa, non riuscivo a mangiare né bere".
Questa storia arriva da Haiti, precisamente dalla clinica di Pran Men'm di Medici Senza Frontiere ed è stata raccontata da una sopravvissuta a violenza sessuale. Solo in questo Paese e solo nel 2023 i team di MSF hanno assistito 4.200 vittime di violenza sessuale, quasi il doppio rispetto alle 2.300 dell'anno precedente.
In generale, i team di MSF hanno assistito lo scorso anno oltre 62.200 persone vittime di violenza sessuale, prevalentemente donne, registrando un aumento di 22.300 casi rispetto all'anno precedente. Numeri questi che l'organizzazione umanitaria ha voluto condividere alla vigilia della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono spesso diffuse in contesti di conflitto, dove possono essere utilizzate per umiliare, punire, controllare, ferire, infliggere paura e distruggere le comunità. Possono anche essere usati per premiare o remunerare i combattenti, per motivare le truppe. Ma anche milioni di persone che vivono in contesti stabili sono vittime di violenza sessuale. In questi casi, i colpevoli sono spesso conoscenti o familiari delle vittime.
"Le violenze sessuali sono una delle conseguenze più pericolose delle emergenze umanitarie e in molti paesi dove operiamo sono quotidiane. Le sopravvissute restano però spesso invisibili e senza cure: hanno paura di parlare e non sono consapevoli dell’impatto della violenza sulla loro salute, un silenzio che può ucciderle o compromettere gravemente la loro vita futura", ha dichiarato Concetta Feo, psicologa e coordinatrice delle attività di salute mentale nei progetti MSF. "È un’esperienza traumatica, vissuta nel silenzio per ragioni sociali o culturali. In alcuni paesi dove lavoriamo chiedere aiuto resta ancora un tabù. Anche per questo MSF interviene a livello di sensibilizzazione comunitaria per incentivare le sopravvissute a recarsi in clinica entro le 72 ore dalla violenza. Tante donne sono frenate anche dal senso di colpa rispetto all’evento, che può portarle ad un prolungato stato di depressione o rabbia. Le ferite psicologiche sono spesso invalidanti, circa un terzo delle sopravvissute a violenza sessuale è a rischio di sviluppare disturbo post traumatico da stress".
Tante sono le testimonianza raccolte dai team di MSF in tutto il mondo. Come ad esempio dalla Repubblica Democratica del Congo, dove MSF e il ministero della salute hanno assistito nel 2023 oltre 25mila (più di 2 persone ogni ora) vittime di violenza sessuale, il dato più alto mai registrato nel paese. "Un giorno è arrivata una ragazza che era stata violentata insieme alla figlia. Dopo aver abusato di loro, i violentatori hanno ucciso il marito e i figli davanti a lei. Un'altra vittima è stata costretta ad avere rapporti sessuali con un membro della sua famiglia. Spesso assistiamo anche bambine sotto i 10 anni con i genitali gravemente lesionati. Dobbiamo portarle con urgenza in ospedale. Sono storie traumatiche, impossibili da dimenticare", ha raccontato Daddy, ostetrica di MSF a Goma.
Situazione difficile anche in Messico, dove tra gennaio e agosto 2024, i team di MSF hanno curato 744 pazienti per violenza sessuale, una cifra senza precedenti. Il 93% sono donne in movimento, vittime di numerose violazioni durante il viaggio migratorio nell’America centrale. Le donne migranti riferiscono anche di essere spesso costrette a spogliarsi e di essere perquisite con violenza, anche e soprattutto nei genitali. Secondo le loro testimonianze, queste violazioni degradanti sono spesso perpetrate da membri di gruppi della criminalità organizzata e dalla polizia.
"Mi hanno detto: Cosa credi? Che ti salverai solo perché sei incinta? Non con noi, e come vedete sono incinta di 37 settimane", ha raccontato una donna all'équipe di MSF che lavora nel centro per la cura delle vittime di violenze estreme e tortura a Città del Messico.