Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Viaggio nell’apocalisse sanitaria a Gaza e in Palestina: “L’IDF impedisce che arrivino aiuti e cibo”

L’incontro in Palestina con i medici di Palestinian Medical Relief Society che operano a Gaza. Uno scenario apocalittico in cui manca cibo, acqua e medicine. L’esercito israeliano impedisce l’arrivo di tutto, e i coloni assaltano i convogli umanitari.
A cura di Antonio Musella
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Dopo quasi un anno dall'inizio dell'offensiva israeliana a Gaza, iniziata dopo il 7 ottobre, la situazione nella Striscia assume i contorni di un'apocalisse sanitaria. Manca tutto, anche le minime condizioni igienico sanitarie, mentre dopo il primo caso di poliomenite è stata decisa la vaccinazione di 600 mila bambini e adolescenti, a cui dopo settimane di trattative ha acconsentito anche l'esercito israeliano.

Ma la quotidianità ci parla di blocchi continui degli aiuti umanitari e sanitari diretti a Gaza, ciò che entra è sufficiente per appena il 20% della popolazione. Intanto sono frequenti gli assalti dei coloni israeliani ai carichi di aiuti, le stesse attività mediche vengono ostacolate tutti i giorni.

Fanpage.it ha incontrato nella sede centrale di Ramallah i medici di Palestinian Medical Relief Society, tra le più importanti organizzazioni umanitarie palestinesi che non ha mai smesso di operare a Gaza dopo il 7 ottobre, con i suoi team medico sanitari. A loro abbiamo chiesto di raccontarci la situazione sul campo.

"Israele non consente l'ingresso degli aiuti sanitari e del cibo"

L'ambulatorio medico di Palestinian Medical Relief Society a Gaza è stato distrutto in un bombardamento dell'IDF (l'esercito israeliano) lo scorso mese di gennaio. È rimasto solo un cumulo di macerie. Serviva come punto di appoggio delle attività mediche per la popolazione di Gaza e ospitava un centro di riabilitazione. Oggi i medici di PMRS, organizzazione umanitaria fondata oltre 25 anni fa da Moustafa Bargouthi, entrano a Gaza con dei piccoli pulmini, impossibile far entrare le 13 cliniche mobili che operano in Cisgiordania, nell'altra parte dei territori palestinesi.

Il dottor Mohammed Iskafi è il responsabile sanitario di PMRS a Gaza, lo incontriamo nella sede centrale di Ramallah in Palestina: "Noi abbiamo 45 team medico sanitari che operano a Gaza – ci racconta – alcuni membri del nostro staff sono stati feriti durante gli attacchi, altri hanno avuto le case danneggiate o distrutte, uno o due membri hanno perso completamente le loro famiglie, nel senso che non è rimasto più nessuno".

Gaza si presenta dopo quasi un anno di guerra come un territorio post apocalittico, manca praticamente tutto, e gli aiuti che arrivano da ogni parte del mondo vengono bloccati dall'esercito israeliano al valico di Abou Salem da dove passano solo alcuni camion delle Nazioni Unite o della FAO. "Manca tutto, non ci sono forniture mediche per gli ospedali ma anche per la semplice assistenza sanitaria di base – spiega Iskafi – la possibilità di ingresso di medicine e forniture è veramente ridotta, perché Israele blocca l'ingresso degli aiuti. Quello che entra è sufficiente per appena il 20% della popolazione di Gaza".

Il fabbisogno giornaliero stimato da PMRS per i 2 milioni di sfollati a Gaza è di 800 camion di aiuti umanitari e medici al giorno, ma al momento Israele consente l'ingresso di non più di 100 camion al giorno, che a volte sono 50 e in alcuni giorni sono zero, niente. Nei depositi di PMRS a Ramallah ci sono materiali per riempire almeno 20 camion di aiuti per Gaza, ma non c'è modo di farli entrare nella Striscia.

Distribuzione di medical bags alla popolazione di Gaza da parte dei team di PMRS
Distribuzione di medical bags alla popolazione di Gaza da parte dei team di PMRS

Gli attacchi dei coloni agli aiuti medici e umanitari

Da diversi mesi le frange di estrema destra israeliane, rappresentata principalmente dai coloni che vivono negli insediamenti in Cisgiordania, che sono stati dichiarati illegali dalla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, prendono di mira i camion di aiuti umanitari e medici diretti a Gaza.

"In molti casi ci viene impedito di passare il confine – ci spiega la dottoressa Sabreen Abeedallah, responsabile dei progetti dedicati alle donne di PMRS – poi ci sono gli attacchi dei coloni che prendono di mira i camion con le forniture e anche le nostre cliniche mobili mentre trasportano le forniture. I nostri team sono spesso aggrediti e maltrattati, tutto questo ritarda il nostro arrivo nelle comunità per portare assistenza alla popolazione, spesso per settimane restano senza assistenza medica. Questo è lo scenario che viviamo quotidianamente".

In diversi casi i coloni hanno non solo distrutto i carichi di aiuti umanitari e sanitari diretti a Gaza, ma gli hanno addirittura dato fuoco. "Noi non abbiamo sufficienti medicine per combattere le infezioni – sottolinea il dottor Iskafi – molto spesso, compresi bambini e anziani, hanno subito l'amputazione delle gambe. Questo è avvenuto perché non avevamo le medicine per combattere le infezioni e per evitare che si diffondessero in tutto il corpo provocando la morte, abbiamo dovuto tagliare l'intero arto".

Oltre ai 40mila morti già censiti dalle organizzazioni internazionali dall'inizio della guerra, il numero di persone menomate è impressionante, difficile oggi da calcolare. Queste persone porteranno in maniera permanente i segni della guerra sul loro corpo. "Molte persone muoiono perché non vengono trasferite altrove per essere curate – spiega il responsabile sanitario a Gaza di PMRS – noi curiamo 8000 feriti, di questi 2-3 mila dovrebbero essere trasferiti immediatamente per essere curati e per salvargli la vita, trasferiti in Egitto, in Giordania o in altri posti. Ma non possono lasciare Gaza perché Israele non lo consente".

"Senza cibo e acqua potabile, così si muore anche di semplice diarrea"

Il dramma della Striscia di Gaza si consuma anche attraverso l'impedimento dell'arrivo di cibo per la popolazione, che intanto si sposta continuamente per evitare i bombardamenti dell'esercito israeliano. L'IDF emana continuamente ordini di evacuazione in zone diverse della striscia, provocando un continuo esodo della popolazione sfollata che gira da una parte all'altro della striscia come un animale in gabbia che prova ad evitare la morte. "Noi lavoriamo per la salute di persone che non hanno cibo, non hanno accesso a nessun servizio, non hanno una casa, non hanno acqua potabile da bere, non hanno elettricità" racconta la dottoressa Abeedallah.

"Le persone devono compare l'acqua a Gaza, perché non c'è acqua potabile – sottolinea il dottor Iskafi – mentre parliamo a Gaza le pompe che depurano l'acqua del mare per renderla potabile hanno smesso di funzionare perché non c'è carburante per far funzionare i motori. Le persone non hanno cibo e la malnutrizione espone alla contrazione di malattie, che a loro volta non possono essere curate. Parliamo anche di cose semplici, come la diarrea o malattie gastrointestinali, ma senza cibo e medicine si muore anche solo per queste malattie".

Il deposito di PMRS a Ramallah dove sono bloccati gli aiuti medici diretti a Gaza
Il deposito di PMRS a Ramallah dove sono bloccati gli aiuti medici diretti a Gaza

"Lo scopo del blocco è spingere le persone a morire"

Dopo aver raso al suolo la Striscia di Gaza, l'esercito israeliano di fatto sta contribuendo alla morte della popolazione sfollata e in fuga dalla guerra, attraverso il blocco costante dei valichi e impedendo l'assistenza sanitaria. Uno scenario terribile che ha sempre meno testimoni vista l'enorme difficoltà e l'enorme rischio per i giornalisti occidentali ad entrare nella Striscia.

"Lo scopo principale di tutto questo è distruggere tutte le infrastrutture della società – sottolinea la dottoressa Abeedallah – le scuole, il sistema sanitario, le case, devastando le condizioni di vita delle persone, vogliono rendere impossibile vivere in Palestina, vogliono spingere le persone non a vivere, ma a morire".

Una disamina agghiacciante quella dei medici che operano sul campo a Gaza e nei territori palestinesi, dove donne, bambini, anziani, sono costretti a combattere con la morte ogni giorno. "I bambini, le donne, gli anziani, non sono dei combattenti – dice il dottore Iskafi – e loro le uccidono così, puniscono le persone che vivono a Gaza uccidendole. Stanno uccidendo persone innocenti, questo è un genocidio. Perché uccidi i bambini? Perché uccidi le persone? Perché? Questa è la domanda che poniamo al mondo".

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