Venezuela, Frandynson muore a 7 anni: un antibiotico da pochi euro lo avrebbe salvato
Frandynson, un bimbo venezuelano di sette anni, alcuni giorni prima di Natale viene ricoverato all'ospedale pediatrico J. M. de los Ríos di Caracas. Ha una crisi respiratoria e i medici gli diagnosticano la polmonite. Quella stessa notte, il piccolo soffre cinque arresti cardiaci. La patologia del bimbo sarebbe curabile con un semplice antibiotico da pochi euro. Purtroppo, da oltre un mese, il nosocomio della capitale venezuelana ha esaurito le sue scorte.
“All'inizio ci hanno detto che non erano più disponibili”, racconta Leivis, la madre di Frandynson. Da quel momento, inizia una ricerca disperata per trovare gli antibiotici necessari a salvargli la vita. La donna, infatti, riesce a procurarsi le prime dosi di farmaco grazie all'aiuto di una Ong. Ma non bastano. Quando la vigilia di Natale il ministro della salute, Carlos Alvarado, visita l’ospedale per regalare alcuni giocattoli ai bambini ricoverati, Leivis protesta per la mancanza di cure al figlio. “Il ministro allora mi ha convocata nel suo ufficio – denuncia – e mi ha consegnato quattro flaconi di antibiotico sufficienti per due giorni di trattamento. Mi ha detto di non dire niente alle altre mamme per evitare problemi”. “Ci sono molte donne nella mia stessa situazione – continua – ma hanno paura a denunciare perché temono che dimettano i loro bambini o non gli permettano di vederli”.
Dopo queste prime cure, Leivis ha fatto di tutto per trovare altri antibiotici per il figlio. Un tentativo disperato, visto che nel frattempo il bimbo è stato intubato in terapia intensiva. Tutti gli sforzi della madre sono stati inutili: l’otto gennaio scorso, il cuore di Frandynson ha smesso di battere. Un semplice antibiotico avrebbe potuto salvargli la vita ma, in un Paese prossimo al collasso, anche questo farmaco comune e non costoso diventa introvabile.
Un Paese prossimo al collasso
“La crisi economica ha ridotto l’accesso dei bambini a servizi essenziali e sta minacciando di annullare decenni di progressi”, denuncia Unicef. Secondo l’ultimo rapporto sullo stato di sicurezza alimentare e nutrizione nel mondo, circa il 12% della popolazione venezuelana è denutrito. Molti bambini contraggono malattie legate alle scarse condizioni igienico-sanitarie, in particolare durante la stagione delle piogge o nelle baraccopoli dove si diffondono patologie come diarrea, malattie della pelle, del sistema respiratorio.
Mentre il sistema sanitario, come del resto tutta l’economia, sono prossimi al collasso, hanno fatto la loro ricomparsa malattie già debellate come la difterite e il morbillo, che hanno già causato la morte di 230 persone in tutto il Paese. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2019 l’inflazione aumenterà fino a 10 milioni per cento. Una cifra mostruosa che aggraverà la carenza di beni di prima necessità per milioni di venezuelani. Di fronte a questo scenario, non sorprende che dal 2015 siano quasi tre milioni le persone che hanno lasciato il Venezuela. Di questi, più di 100mila erano bambini arrivati in Ecuador solo nel 2018.
Le storie di chi rimane hanno tutte un comune denominatore: la mancanza di cibo e l’impossibilità a curarsi per l’assenza di medicinali. E a pagare il prezzo più alto sono proprio i bambini perché, oltre a malattie facilmente curabili, i più piccoli sono alle prese con una grave deficienza nelle strutture sanitarie. “Oggi i bambini e adolescenti con cancro in Venezuela non ricevono le cure oncologiche di cui hanno bisogno”, l’allarme lanciato dalla Ong Prepara Familia su Twitter.
Mentre il Venezuela è immerso in una grave crisi politica, le morti tra i giovani pazienti dell'ospedale pediatrico di J. M. de los Ríos a Caracas non si fermano. Solo a gennaio, nella struttura sanitaria, sei bambini e adolescenti hanno perso la vita. Piccoli che avrebbero potuto salvarsi se solo avessero avuto cure appropriate.