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USA, la confessione di un pilota di droni: “Ho ucciso 1.600 persone”

Brandon Bryant, pilota di droni militari, ha raccontato nei dettagli il suo lavoro: manovrare aerei da guerra da migliaia di chilometri di distanza e uccidere presunti terroristi.
A cura di Davide Falcioni
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Lui si chiama Brandon Bryant, è un militare statunitense e per cinque anni ha lavorato al programma segreto di bombardamento di Afghanistan e altri paesi nell'ambito delle "guerre segrete" degli USA: l'uomo ha pilotato droni e ammesso di aver causato la morte di 1.626 persone. Intervistato dalla BBC Bryant ha deciso di dire addio a quell'esperienza, non prima però di aver raccontato i dettagli del suo lavoro, che consisteva nel pilotare i droni da postazioni remote distanti migliaia di chilometri dagli obiettivi: "Ero operatore centrale ed ero responsabile della telecamera e del laser installati nel drone. Poiché c'è un sistema di doppio controllo, il pilota non può sparare i missili se io non sparo i laser".

Gli uomini, racconta il militare, "visti dalla telecamera di un aereo senza pilota sembrano delle ombre. Noi uccidiamo quelle ombre. Ti dicono che quegli esseri umani che vedi nelle loro attività quotidiane sono i cattivi, e spari". La svolta della sua vita e della carriera è arrivata nel 2007, in Afghanistan, quando doveva sparare un missile su due uomini che si erano rifugiati dentro una casa diroccata. "Non mi sembrava stessero facendo niente di strano". Il missile parte e colpisce. "Pochi secondi prima avevo visto quello che sembrava una persona di piccole dimensioni entrare di corsa nella casa. Ho chiesto al capo missione cosa fosse, volevo rivedere i filmati. Mi dissero: ‘Era un cane'. Ma io non volevo crederci: sono sicuro fosse un bambino". "Da quel momento non sono più riuscito a dormire perché non appena mi addormentavo mi sognavo quel bambino. Avevo anche cominciato a sognare in infra-rossi".

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