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Usa, il Coronavirus ferma la produzione di carne: tra poco non se ne troverà più nei supermercati

Il Covid 19 ha praticamente fermato la produzione di carne bovina e suina negli Stati Uniti. Diverse tra le principali aziende del settore sono state costrette a chiudere perché molti dei lavoratori sono risultati positivi al virus. Ed ora negli USA si rischia di assistere alle scene surreali già viste nei giorni scorsi nei negozi.
A cura di Biagio Chiariello
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Tra lavoratori ammalati, rallentamenti nella produzione e chiusure di alcuni dei più grandi impianti di lavorazione della carne negli Stati Uniti, il Coronavirus sta mettendo a dura prova i macelli americani. Secondo quanto scrive il Washington Post, il calo attuale della produzione è almeno del 25% e la situazione è destinata chiaramente a peggiorare nelle prossime settimane. JBS e National Beef – due delle sette maggiori strutture del settore negli USA –  hanno comunicato che chiuderanno temporaneamente uno stabilimento ciascuno. La decisione è stata assunta dopo che all’interno degli impianti sono stati riscontrati dei casi di positività al Covid-19 tra i dipendenti. E lo stesso probabilmente farà la sede nell'Illinois dell'Aurora Packing Company.

Forniture ormai al limite negli USA

Di qualche giorno fa è invece la notizia della chiusura del più grande produttore di carne di maiale degli Stati Uniti, la Smithfield Foods’: il suo principale impianto di lavorazione del Paese, quello di Sioux Falls in South Dakota, ha chiuso i battenti dopo che su 3.700 impiegati, oltre 200 sono risultati positivi al Covid-19. Sentito da Bloomberg, il Cfo del gruppo, Ken Sullivan, non ha fatto nulla per dissimulare la sua preoccupazione: “La chiusura obbligata di questo impianto, unita a quella di un numero sempre crescite di altre fabbriche in tutto il Paese, sta spingendo gli Usa pericolosamente vicino al limite in quanto a fornitura di carne. E’ impossibile mantenere le scorte nei nostri punti vendita, se gli stabilimenti sono fermi”.

Tra poco non si troverà più carne nei supermercati

La catena di approvvigionamento della carne è particolarmente vulnerabile alla diffusione del coronavirus poiché la lavorazione viene sempre più effettuata in una “manciata di impianti enormi, con numerosi dipendenti” ha spiegato John Bormann, responsabile delle vendite per JBS. Un altro problema nella fornitura di carne bovina, secondo Bormann, è quello che viene chiamato “utilizzo della carcassa”, cioè l'uso che viene fatto dell'intero animale. I ristoranti in genere usano le parti costose: fettine, costolette, filetti e lombata, ha detto Bormann, mentre la vendita al dettaglio predilige il collo, i tondi e le finiture. Con i ristoranti per lo più chiusi, "all'improvviso il 23 percento degli animali non viene acquistato perché il servizio di ristorazione è andato", ha spiegato. Gli esperti del settore hanno affermato che l'arresto degli impianti di lavorazione delle carni bovine potrebbe provocare un altro giro di accaparramenti nei negozi di alimentari, come è avvenuto già per la la carta igienica e il latte diverse settimane fa.

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