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“Uragano Daniel? Il nome l’hanno scelto i sionisti”: la teoria antisemita del presidente tunisino Saied

Il presidente della Tunisia Kais Saied in un discorso ai suoi ministri ha parlato anche dell’uragano Daniel, che ha colpito la Libia negli scorsi giorni causando migliaia di morti. “Non vi siete chiesti il perché del nome? Daniel è un profeta ebraico”, ha detto.
A cura di Luca Pons
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Ieri, durante un incontro con i suoi ministri che è stato ripreso e diffuso oggi dai media locali, Kais Saied ha parlato a lungo – come spesso accade – passando da un argomento all'altro. A un certo punto ha toccato anche il tema dell'alluvione che ha devastato la Libia il 12 settembre, causato dall'uragano Daniel, e si è lanciato in commenti dal tono antisemitico. Saied è il presidente della Tunisia, il Paese su cui il governo Meloni ha puntato molto per bloccare le partenze di persone migranti verso l'Italia.

L'uragano Daniel ha causato in Libia tra gli 11mila e i 20mila morti, secondo le stime più recenti. Saied ha ricordato "il dramma dei nostri fratelli libici" e "i danni causati dall’uragano Daniel". A quel punto il discorso ha assunto un tono vicino all'antisemitismo: "Non vi siete chiesti il perché di questo nome? Daniel è un profeta ebreo. Questo è un problema: il movimento sionista ha infiltrato e completamente alterato il pensiero intellettuale, facendolo passare a uno stato di coma totale, da Daniele fino ad arrivare ad Abramo".

Il riferimento ad Abramo è probabilmente legato agli ‘accordi di Abramo‘, come vengono chiamate dal 2020 alcune intese tra Israele e vari Stati arabi (tra cui c'è anche il Marocco). L'idea di Saied è quindi che il "movimento sionista" abbia raggiunto un livello di "infiltrazione" tale da decidere i nomi di un uragano o di alcuni accordi internazionali. Il presidente non ha chiarito cosa intendesse per "infiltrazione". Il nome dell'uragano è stato scelto dal Servizio metereologico nazionale della Grecia.

"Questo è il tipo con cui l'Unione europea ha appena fatto un accordo per fermare le migrazioni", ha sottolineato sui social Kenneth Roth, ex direttore di Human right watch. "Apparentemente, tutti possono essere accolti, anche un antisemita, se blocca i migranti che si dirigono in Europa".

Non è il primo episodio in cui Saied viene tacciato di antisemitismo. Il 9 maggio di quest'anno, in un attentato vicino alla sinagoga di Ghriba (la più antica dell'Africa) un militare in servizio ha aperto il fuoco e ucciso quattro persone. È poi stato ucciso alle forze di sicurezza presenti che gli hanno impedito di raggiungere il tempio. Il tempismo dell'attacco non è stato casuale: era il periodo del pellegrinaggio annuale per molti fedeli. La zona, l'isola di Djerba, è quella in cui risiede la maggior parte dei circa 1.500 cittadini tunisini ebrei (erano oltre 150mila negli 1956, quando il Paese ottenne l'indipendenza).

Le autorità tunisine, tra cui Saied, avevano rifiutato di definire l'attacco "terroristico" o "antisemita". Pochi giorni dopo, senza aver fatto visita alla comunità colpita dall'attentato, il presidente aveva detto di essere "stupito per le accuse di antisemitismo contro la Tunisia". Poi, in un'altra riunione con i ministri, aveva elencato le varie leggi che riconoscono formalmente la libertà di culto nel Paese. Da parte dell'Italia era arrivato un messaggio firmato da Sergio Mattarella, che aveva ribadito "con forza la più ferma condanna di ogni atto di violenza antisemita".

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