Una vittima di schiavitù su 5 è un bambino. In Italia rischiano i migranti senza genitori
Un milione e duecentomila minori nel mondo sono ridotti in condizioni di schiavitù e sfruttamento o caduti nelle reti della tratta di esseri umani. Una vittima su cinque di questo fenomeno, infatti, ha meno di diciotto anni. Numeri enormi, che sfuggono alle statistiche: secondo quelle ufficiali, sono 15.846 le vittime di tratta accertate o presunte tali in Europa, di cui il 15% è un minore. Un fenomeno che non risparmia il nostro paese, tra ragazze nigeriane costrette a prostituirsi, ragazzini egiziani ridotti in schiavitù, minori che provano a risarcire i loro "debiti" con gli sfruttatori offrendo prestazioni sessuali o piccoli reati. Solo i dati ufficiali dicono che in Italia ci sono 1.125 persone inserite in programmi di protezione, il 7% di loro ha meno di 18 anni. Oltre questo c'è il sommerso. Secondo il dossier "Piccoli schiavi invisibili – I minori vittime di tratta e sfruttamento" di Save the Children, diffuso alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani di domani, "quello della tratta è un fenomeno estremamente complesso, soprattutto in Italia, che spesso coinvolge minori stranieri non accompagnati, cioè senza adulti di riferimento, molti dei quali sono in transito nel nostro Paese e si spostano da una città all’altra, non consentendone l’emersione e il tracciamento reale".
Nel nostro paese tra gennaio e giugno di quest'anno sono arrivate via mare 70.222 persone, tra cui 11.608 minori, il 90% dei quali (10.524) non era accompagnato. Un numero che è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2015, (quando si parlava di 4.410 minori). Questi bambini e adolescenti, spiega Save the children, "rappresentano un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre profitto dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli".
Le vittime di tratta sono per lo più ragazze sempre più giovani, nigeriane, rumene e di altri paesi dell'Est Europa, costrette a prostituirsi in strada o in luoghi chiusi. A queste devono aggiungersi gruppi di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare droga o commettere altre attività illegali. E poi ci sono i minori "in transito" – per lo più eritrei e somali – che sbarcati sulle coste italiane, in assenza di sistemi di transito legali e protetti, si allontanano dai centri di accoglienza e spariscono dai radar delle istituzioni nella speranza di raggiungere il Nord Europa, divenendo facili prede degli sfruttatori.
Quello della tratta di persone è un mercato redditizio: nel nostro paese costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga. Nonostante questo, il numero dei procedimenti a carico degli sfruttatori, e soprattutto quello delle condanne in via definitiva, è piuttosto limitato, per la capacità delle organizzazioni criminali di aggirare gli interventi legislativi dei vari Paesi. In Italia, in particolare, dal 2013 al 2015, sono stati denunciati per reati inerenti la tratta e lo sfruttamento un totale di 464 persone – accusate di riduzione in schiavitù. Per lo specifico reato di tratta sono stati arrestati più di 190 soggetti di nazionalità prevalentemente rumena, albanese e nigeriana. Secondo i dati riportati dal Ministero della Giustizia, il 12% degli autori di reati connessi alla tratta e allo sfruttamento sono di nazionalità italiana. Secondo Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, "sono tantissimi i minori che raccontano ai nostri operatori di essere vittime di drammatiche forme di sfruttamento, nella maggior parte dei casi assimilabili alla schiavitù, e che anche qui in Italia troppo spesso si affidano a persone senza scrupoli".
Chi sono i minori vittime di tratta
Nei primi sei mesi del 2016, sono state registrate 3.5297 donne di nazionalità nigeriana sbarcate sulle nostre coste, tutte molto giovani, e 814 minori non accompagnati, soprattutto ragazze adolescenti tra i 15 e i 17 anni, qualcuna di 13 anni. Il trend di arrivi di questo tipo dal 2014 al 2015 ha visto un incremento del 300%. Secondo le testimonianze raccolte da Save the Children, le ragazze "vengono adescate nel circuito della tratta tramite conoscenti, vicini di casa, compagne di scuola o spesso anche sorelle maggiori già arrivate in Italia. Una volta reclutate, vengono costrette ad un giuramento tramite i riti dello juju o del voodoo, con cui si impegnano a restituire allo sfruttatore il proprio debito, che si aggira tra i 20.000 e i 50.000 euro. Spesso vengono costrette alla prostituzione già durante il viaggio che le porterà in Italia, mentre attraversano il Niger e durante la successiva sosta in Libia, e arrivano nel nostro Paese sotto il controllo dei trafficanti. Molte ragazze vengono dunque indotte alla prostituzione già nelle aree limitrofe ai centri di accoglienza e identificazione, oppure vengono trasferite dai trafficanti in Campania, per essere smistate e distribuite nelle principali città italiane". Le vittime di tratta si prostituiscono per pagare il "debito" allo sfruttatore, una cifra che non smette di crescere a causa dell'affitto per il luogo in cui vivono e per il mariciapiede; o delle "multe" che vengono imposte ogni volta che le ragazze cercano di ribellarsi. Molte di loro sono costrette ad accettare anche rapporti non protetti, con la conseguenza di dover ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, spesso clandestina, ed esponendosi al rischio di malattie sessualmente trasmissibili. Per riuscire a sopportare questa vita, molte ragazze cominciano a fare ricorso a sostanze stupefacenti, su induzione degli sfruttatori.
Uno dei gruppi nazionali più esposti alla prostituzione forzata è quello delle ragazze rumene, con un preoccupante aumento della quota delle minori tra i 15 e i 17 anni. Spiega il dossier di Save the children che si tratta di donne che "spesso provengono da contesti socio-culturali poveri e sono sin da piccole vittime di violenze domestiche e alcolismo. Arrivano in Italia con collegamenti via terra a costo moderato, con il miraggio di poter ottenere lavoro come bariste o cameriere, supportate dal proprio sfruttatore, che spesso si maschera dietro il ruolo di ‘fidanzato', creando un rapporto di sottomissione con la vittima dal quale le ragazze faticano a uscire. Oltre ai casi di sfruttamento sessuale, le ragazze rumene sono spesso vittime di sfruttamento lavorativo, in particolare nel settore agricolo, soggiogate dai loro datori di lavoro – tra cui anche cittadini italiani – che ne sfruttano la condizione di necessità per costringerle anche ad avere rapporti sessuali".
Secondo le testimonianze raccolte dagli operatori di Save the Children, "i minori egiziani arrivati in Italia nel corso del 2016 hanno un’età media inferiore (14-16 anni) rispetto ai connazionali arrivati l’anno precedente (15-17 anni) e sono in aumento i giovanissimi, tra i 12 e i 13 anni. Il viaggio verso l’Italia viene organizzato da un network di persone note alla comunità locale, con i quali vengono stipulati dei veri e propri contratti che prevedono un debito che varia dal 2.000 ai 4.000 euro a seconda delle aree di partenza, con picchi fino a 10.000 euro per coloro che hanno percorso la rotta balcanica". Dopo essere sbarcati sulle nostre coste, questi ragazzi si allontanano dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere le città del Nord e del Centro Italia o altri paesi europei. Lì entrano in contatto con le autorità per essere inseriti nelle comunità per minori. Chi resta escluso, però, dal percorso di protezione – in particolare per i neomaggiorenni – si aprono le porte dello sfruttamento e della vita in strada. "Tutti questi ragazzi – scrive l'organizzazione internazionale – condividono l’esigenza di dover mandare soldi a casa per pagare il debito contratto dalla famiglia prima della partenza e questo li trasforma in facili reclute del lavoro nero, esponendoli a varie forme di sfruttamento. A Milano e Torino, la maggior parte viene sfruttata in pizzerie, panifici o mercati ortofrutticoli. A Roma, sono tantissimi i minori egiziani che lavorano all’interno dei mercati generali della frutta e verdura, nelle pizzerie, negli autolavaggi o nelle frutterie. Vengono pagati pochissimi euro e a volte non vengono proprio retribuiti, con la scusa che il lavoro svolto costituisca un apprendistato. In alcuni casi, questi ragazzi sono anche vittime di sfruttamento sessuale o coinvolti in attività illegali come lo spaccio di sostanze stupefacenti".
Al secondo posto per numero di presenze tra le nazionalità più rappresentate in Italia, con 1.453 ragazzi, il 12,5% del totale, ci sono i minori non accompagnati albanesi. Si tratta di ragazzi provenienti da "famiglie disgregate con forti difficoltà economiche o con forti disagi nelle figure genitoriali". Le loro principali mete sono l’Emilia-Romagna e la Toscana. "Sono a rischio di sfruttamento in attività illegali, spesso anche a causa del contatto con adulti che li fanno diventare preda di atti di bullismo, fino a circuirli e a spingerli a commettere piccoli furti, ricettazioni e spaccio", scrive Save the Children.
Tra i più esposti a rischio di abuso e sfruttamento, comunque, ci sono i minori non accompagnati in transito in Italia per raggiungere altri Paesi del Nord Europa. Sono bambini e adolescenti che sin dall'inizio del loro viaggio subiscono trattamenti disumani e degradanti, torture, vengono scambiati tra gruppi di trafficanti e, arrivati in Europa, si rendono "invisibili" e ancora più vulnerabili. I gruppi principali sono quelli degli eritrei e dei somali. Per Save the Children è per questo "indispensabile che l’Europa attivi subito la procedura della ‘relocation' almeno per i minori soli e più vulnerabili: è indispensabile garantire ai ragazzi che devono raggiungere familiari in altri paesi europei un percorso legale e protetto. È davvero inaccettabile che questi minori una volta giunti in Europa debbano mettersi nuovamente nelle mani dei trafficanti, alimentando il mercato dello sfruttamento".
Chi sono gli sfruttatori
Quello degli "offender" è un profilo vario e complesso: spazia dal sngolo a organizzazioni criminali per le quali la tratta è un'attività funzionale ad altri traffici più lucrativi. Gli sfruttatori individuali sono frequenti nel caso di ragazze rumene e dell’Europa orientale costrette alla prostituzione. "Spesso – si legge nel dossier – la condizione di subordinazione e assoggettamento viene messa in atto da una persona con cui la vittima ha una relazione di parentela (cugine o sorelle) o un vincolo sentimentale. Il vincolo di dipendenza affettiva, emotiva ed economica tra sfruttatore e vittima fa sì che quest’ultima non percepisca con chiarezza lo sfruttamento in atto". Lo stato di "prolungato sfruttamento, l’asservimento psicologico, la continua frequentazione di connazionali coinvolti nel traffico di persone, nonché la normalità che assume la violenza nella vita quotidiana, fa sì che le ragazze nel tempo vengano indotte a partecipare al business della prostituzione, assumendo anche dei ruoli attivi".
A giocare un ruolo importante nel fenomeno del traffico di persone sono le reti informali, che solitamente "non perseguono l’obiettivo finale di sfruttare i migranti dopo il loro arrivo a destinazione, eppure sono frequenti i casi in cui i migranti, soprattutto le donne e i minori, durante o dopo il viaggio, si trovano intrappolati in forme di grave sfruttamento. Come risulta dalle testimonianze dei minori stranieri non accompagnati giunti in Italia, queste reti vengono attivate solitamente dalla stessa famiglia o da un conoscente del ragazzo e lavorano sostanzialmente come una sorta di ‘agenzia di viaggio'". Un caso emblematico, in questo senso, è quello dei minori egiziani, le cui famiglie contraggono un debito nei confronti dei trafficanti che deve essere ripagato una volta giunti in Italia. "La necessità di onorare il debito contratto è molto sentita dai ragazzi egiziani, in quanto sono consapevoli che se la loro famiglia rimane insolvente potrà incorrere in problemi di natura penale, pressioni sociali o anche violenze da parte dei trafficanti stessi. Nel traffico dei giovani afgani, la figura dell’intermediario, chiamata anche garante, ha invece il compito di tenere i rapporti con il trafficante allo scopo specifico di tenere bloccato il pagamento finché il minore non giunge al Paese di destinazione", si legge nel rapporto di Save the Children.
Nei viaggi via mare, la figura dello sfruttatore è quella dello scafista. Come risulta da testimonianze sia di minori egiziani che afgani, si può trattare addirittura di loro pari costretti ad adempiere a questo compito per pagarsi una parte del viaggio. L’utilizzo dei minori per la traversata garantisce ai trafficanti di non esporsi al pericolo del viaggio via mare o al rischio di venire arrestati e incriminati dalle autorità italiane.
Le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di persone, invece, hanno lo scopo specifico dello sfruttamento e assoggettamento delle vittime. Si tratta di modelli organizzativi son ben inseriti nel territorio italiano: è il caso dei boss nigeriani che, in accordo con le mafie locali, gestiscono oggi importanti segmenti del traffico e dello spaccio di droga tramite una elevata capacità di controllo sul territorio e sulle persone.