Un signore della guerra libico in visita a Roma: il caso di Al-Kikli, accusato di crimini contro l’umanità

a cura di Luigi Scarano
Abdel Ghani Al-Kikli, uno dei più potenti leader delle milizie libiche, accusato di torture, sparizioni forzate e omicidi, è arrivato in Italia. Una foto, diffusa dall'account X dell'attivista libico Husam El Gomati, lo ritrae all’interno dell'ospedale privato European Hospital di Roma, mentre fa visita al ministro libico Adel Jumaa Amer, ricoverato in seguito all’attentato a cui è sopravvissuto a Tripoli il 12 febbraio scorso.
Al-Kikli sarebbe arrivato all'aeroporto militare di Ciampino con un volo di Stato libico poco prima delle 19 di ieri, per poi raggiungere la clinica in zona Portuense. Il comandante della Stability support authority (Ssa) — formalmente un'istituzione statale, ma di fatto una milizia autonoma — è stato indicato da Amnesty International e dal European Center for Constitutional and Human Rights (Ecchr) come uno dei più impuniti autori di violenze all’interno e all’esterno dei centri di detenzione libici.
Secondo l’ultimo report del Panel of experts del Consiglio di sicurezza dell’ONU del dicembre 2024, Al-Kikli è una figura centrale nell’equilibrio di potere libico, con un ruolo chiave nel finanziamento delle milizie attraverso pratiche corruttive. In quanto leader della Ssa, è accusato di esecuzioni extragiudiziali, torture e gravi violazioni dei diritti umani. Il suo nome compare nella denuncia di 189 pagine presentata nel 2022 dall’Ecchr alla Corte Penale Internazionale, che lo include tra i potenziali coautori di crimini contro l’umanità per le violenze sistematiche contro migranti e rifugiati. Al-Kikli, meglio noto come Gheniwa, ha un rapporto stretto con il primo ministro Abdulhamid Dabaiba, il quale ha usato il sostegno delle sue milizie per consolidare il proprio potere. In cambio, Al-Kikli ha ottenuto posizioni strategiche per i suoi uomini e la protezione politica necessaria a rendere complessa qualsiasi azione internazionale contro di lui.
Non è la prima volta che Al-Kikli viene avvistato in Italia. Nel luglio scorso, come raccontato da Repubblica, aveva accompagnato l’Al-Ahly SC di Tripoli — club che secondo il report delle Nazioni unite controlla indirettamente — alle finali del campionato libico ospitate in Toscana. L’iniziativa, sostenuta dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro per lo Sport Andrea Abodi, era stata presentata come simbolo della “sempre più stretta collaborazione fra i due Paesi”. “Ringrazio il governo libico per aver fatto svolgere le finali in Italia, un segno di grande amicizia che abbiamo voluto ricambiare mettendo a disposizione le nostre strutture”, aveva dichiarato in quell'occasione il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Il viaggio a Roma di Al-Kikli avviene nel contesto di una serie di visite da parte di figure centrali del potere libico, tra cui uomini chiave del governo e collaboratori stretti di Adel Jumaa, ancora in convalescenza dopo diverse operazioni chirurgiche. Sin dalle prime ore dopo l'attentato, il governo italiano ha manifestato una certa apprensione per il caso del ministro, tanto che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il giorno stesso dell’attacco, era stato tra i primi a parlarne, usando questo argomento per glissare sul caso Paragon: “È singolare che proprio oggi si inseguano cose che stanno a metà tra la fiction e le calunnie e ci si interessi così poco, per esempio, del grave ferimento avvenuto a Tripoli di un ministro del governo libico, Adel Jumaa che descrive una situazione veramente difficile e complessa”.
Ma il ministro libico Jumaa ha ricevuto anche un’altra visita eccellente. Come riportato da Il Foglio, il 22 febbraio, a pochi giorni dal ricovero, era stato lo stesso primo ministro Dabaiba a recarsi in gran segreto al capezzale del suo ministro per un incontro durato solo poche ore. Secondo diverse fonti, oltre a un gesto di solidarietà istituzionale, l’incontro avrebbe avuto anche lo scopo di convincere il ministro a non rivelare informazioni compromettenti sui dissidi interni al governo, che potrebbero essere all’origine dell’attentato da lui subìto. Un dettaglio collega i due episodi: anche in quell'occasione per raggiungere Roma il primo ministro Dabaiba ha usato l'aereo di Stato Embraer Legacy 600, lo stesso che ha condotto nella Capitale il temuto miliziano Abdel Ghani Al-Kikli.