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Un’altra condanna a morte illegale in Texas, ucciso un disabile mentale

Marvin Wilson, 54enne con un quoziente intellettivo più basso della media, è stato condannato a morte. Il suo ritardo mentale non l’ha salvato dalla decisione dello Stato americano, nonostante la pena di morte sia illegale in casi come questo.
A cura di Susanna Picone
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Marvin Wilson, 54enne con un quoziente intellettivo più basso della media, è stato condannato a morte. Il suo ritardo mentale non l’ha salvato dalla decisione dello Stato americano, nonostante la pena di morte sia illegale in casi come questo.

Marvin Wilson è morto questa mattina in Texas nella prigione di Huntsville, ucciso dal suo Stato con una iniezione di veleno. È stato condannato a morte nonostante avesse l’intelligenza di un bambino, con un quoziente intellettivo pari a 61, quando la media accettata è di 70. È stato ucciso nonostante la pena capitale sia illegale in America nei confronti dei disabili. A nulla sono serviti, infatti, gli sforzi degli avvocati difensori di Wilson che avevano puntato la loro difesa sui disturbi psichici di cui il loro assistito era affetto. “Abbracciate mia madre e ditele che le voglio bene. Portami a casa Gesù, portami a casa Dio”, sono state queste le ultime parole pronunciate dal condannato, prima di morire assistito da sei persone, tra familiari e amici.

Condannato per un omicidio, lui ha sempre detto di non aver ucciso nessuno – Wilson, afroamericano di 54 anni, è stato condannato a morte per aver ucciso il 21enne Jerry Robert nel 1992: nel suo crimine avrebbe avuto un complice, Terry Lewis, che è stato condannato all’ergastolo dopo che la moglie ha testimoniato proprio contro il disabile mentale, per lei era stato lui ad aver commesso materialmente il delitto. Da parte sua Wilson ha sempre detto di non aver commesso nessun omicidio. A prescindere dal voler commentare la giustizia o meno di una condanna a morte, l’ultimo caso avvenuto in Texas non può non sollevare polemiche, in America come in ogni altro paese. Questo perché il Texas, lo Stato teatro della condanna del disabile e quello che fa più ricorso alla pena capitale, ha eseguito l’ennesima esecuzione nonostante la legge della Corte Suprema. E non è nemmeno la prima volta che accade una cosa del genere, solo qualche settimana fa è stato ucciso Yokamon Hearn, affetto da sindrome da alcolismo fetale.

La legge americana lascia ai singoli Stati l’ultima decisione sulla “gravità” del disturbo mentale: è stata infatti la Corte Suprema nel 2002 a stabilire l’incostituzionalità dell’esecuzione dei condannati con deficit cognitivi, senza definire però con chiarezza cosa si intendesse per ritardo mentale. E allora ecco che decidono i singoli Stati, i singoli giudici: per il Texas, per esempio, un ritardato mentale deve avere le stesse caratteristiche del personaggio “Lennie” del romanzo di John Steinbeck “Uomini e topi”. E questo non ha salvato Marvin Wilson: poche ore prima della sua condanna la Corte ha respinto un ultimo appello contro la sua morte, la pubblica accusa ha deciso di ucciderlo contestando la validità dei test che avevano stabilito il basso quoziente intellettivo del condannato.

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