Ucraina, pressing degli Usa su Zelensky: “Non chiudere la porta pubblicamente a negoziati con Putin”
L'amministrazione Usa guidata da Joe Biden starebbe facendo pressioni "in maniera privata" sul presidente ucraino Zelensky e gli altri funzionari ucraini affinché non chiudano pubblicamente la porta a negoziare con la Russia. È questa l'indiscrezione lanciata nelle scorse ore dal Washington Post.
Ma la richiesta dei funzionari americani non mira a spingere l'Ucraina al tavolo dei negoziati, hanno precisato le fonti che, invece, hanno definito l'operazione un tentativo per garantire che il governo di Kiev mantenga il sostegno di Paesi che non vogliono che la guerra continui ancora a lungo. Le fonti del WP hanno riferito che il veto espresso da Zelensky sul leader del Cremlino abbia creato preoccupazione in alcune parti dell'Europa, dell'Africa e dell'America Latina, dove gli effetti della guerra in termini di costo della vita e carenze alimentari si fanno sentire più distintamente.
"Le difficoltà causate dal conflitto Ucraina sono una questione molto reale per alcuni dei nostri partner", ha detto uno dei funzionari americani, che ha chiesto di rimanere anonimo. Serhiy Nikiforov, portavoce di Zelensky, non ha risposto a una richiesta di commento.
Secondo il Washington Post, dietro la richiesta dell'aministrazione Usa si celerebbero in realtà anche alcune preoccupazioni della Casa Bianca relative ai risultati delle elezioni di Midterm, che si svolgeranno negli States l'8 novembre, e che vedrebbero, secondo gli ultimi sondaggi, i repubblicani avanti ai democratici almeno alla Camera dei Rappresentati.
Secondo il quotidiano a stelle e strisce, il sostegno tra i repubblicani delle misure a favore dell'Ucraina si sta riducendo. Una vittoria dei conservatori martedì potrebbe mettere in serie difficoltà la linea della Casa Bianca di appoggiare Kiev senza indugi. Finora Washington ha garantito agli ucraini aiuti militari per oltre 17 miliardi di dollari, l'ultimo pacchetto da 400 milioni è stato deciso solo qualche giorno fa: si tratta del più grande intervento dai tempi della guerra fredda.