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Guerra in Ucraina

Ucraina, due anni senza pace, Sant’Egidio: “La solidarietà è la nostra risposta alla guerra”

A due anni dallo scoppio del conflitto in Ucraina la Comunità di Sant’Egidio segnala un calo degli aiuti alla popolazione: “L’eternizzazione della guerra provoca paradossalmente anche questo: una mobilitazione internazionale più debole rispetto a quella che invece, nei primi mesi del conflitto, è riuscita a fare arrivare in Ucraina ingenti sostegni umanitari”.
A cura di Davide Falcioni
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Due anni di guerra in Ucraina. Era il 24 febbraio del 2022, un giovedì notte, quando i carri armati russi oltrepassarono il confine ucraino lanciando un'offensiva su quattro direttrici diverse riportando la guerra alle porte dell'Europa dopo quasi 77 anni. A due anni di distanza da quel maledetto giovedì l'Ucraina piange più di 10.300 civili uccisi, secondo i dati elaborati dalle Nazioni Unite. Alla fine del 2023 i danni del conflitto sono stati valutati, nel Rapid Damage and Needs Assessment condotto dalla Banca mondiale insieme al governo ucraino, Commissione europea e Onu, in 486 miliardi di dollari, con uno sforzo di ricostruzione della durata di dieci anni.

Hanno lasciato il Paese circa 6,5 milioni di persone (sei milioni in Paesi europei, 500mila in Canada e negli Stati Uniti) e 3,5 milioni sono gli sfollati interni. I giornalisti uccisi sono stati 16, ma sono 80, se si considerano anche i reporter morti al fronte, come ha denunciato l'Unione dei giornalisti ucraini. E 5.400 istituti scolastici e culturali e strutture mediche sono state distrutte.

I rischi di una guerra "eternizzata"

In questo quadro il rischio è che quelli trascorsi possano rivelarsi solo "i primi due anni" di una guerra "eterna", come quella in Siria. E soprattutto che il dramma dell'Ucraina possa pian piano essere dimenticato. A segnalare questo pericolo la Comunità di sant'Egidio, secondo cui il flusso degli aiuti sta pian piano scemando. "L’eternizzazione della guerra – spiega il movimento laicale fondato da Andrea Riccardi – provoca paradossalmente anche questo: una mobilitazione internazionale più debole rispetto a quella che invece, nei primi mesi del conflitto, è riuscita a fare arrivare in Ucraina ingenti sostegni umanitari".

Sant’Egidio è presente nel Paese da trent’anni con comunità composte da cittadini ucraini, che in questi due anni, pur condividendo le sofferenze, le paure, i disagi di tutta la popolazione, hanno realizzato un’estesa rete di aiuti umanitari. Ogni settimana migliaia di pacchi alimentari vengono consegnati alle famiglie di sfollati e inviati nelle regioni meridionali e orientali del Paese, più esposte alle azioni belliche, raggiungendo in due anni circa 370mila persone. Tutto ciò è reso possibile da una catena di solidarietà che parte dall’Italia e da altri Paesi europei e che non può interrompersi finché dura il conflitto.

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Da Sant'Egidio 2mila tonnellate di aiuti umanitari all'Ucraina

"Nel centro di coordinamento delle iniziative umanitarie di Sant’Egidio, realizzato a Leopoli, vicino al confine polacco, sono arrivati finora dall’Italia e da diversi Paesi europei 127 carichi di aiuti umanitari, pari a 2mila tonnellate, per un valore complessivo di oltre 23 milioni di euro", spiega l'organizzazione. Si tratta di "cibo, abbigliamento, coperte, prodotti per l’igiene personale, ma anche medicinali e materiale sanitario. Da Leopoli Sant’Egidio ha spedito farmaci, anche salvavita, a 209 strutture sanitarie, 90 amministrazioni locali, 54 istituti per bambini, anziani e disabili e numerosi centri di accoglienza per profughi anche nelle aree più remote del Paese. La stima delle persone che hanno usufruito di questi aiuti sanitari è di circa 2 milioni. Ma sono attivi anche un centro della Comunità a Ivano-Frankivsk e due a Kiev, a cui si deve aggiungere la sede dei Giovani per la Pace (il movimento giovanile di Sant’Egidio), colpita dall’esplosione di un missile e da poco finalmente riaperta".

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Il responsabile di Sant’Egidio in Ucraina: "Vogliamo cambiare il mondo"

Malgrado le notizie che ogni giorno arrivano dal fronte Yuriy Lifanse, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina, appare speranzoso. "Nella nostra organizzazione, anche in passato, ho sentito l’invito a cambiare il mondo. Quando due anni fa è scoppiata la guerra in Ucraina, ho compreso meglio questo invito, perché il cambiamento del mondo significa la nostra sopravvivenza. Se il mondo andrà avanti così come va, moriremo: a Gaza e in Israele, in Sudan, in Siria e in Ucraina, in tanti altri paesi dove c’è la guerra, che il mondo non vuole vedere, perché è disinteressato ed io direi annoiato delle notizie di morte, sempre le stesse. Ma Sant’Egidio ci aiuta a vivere in un altro modo e questo ci dà la forza non solo di sopravvivere, ma anche di aiutare a vivere le persone, tante, che si rivolgono a noi".

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"Col passare del tempo – aggiunge – gli aiuti internazionali sono diminuiti: non c'è più la spinta e la solidarietà che sentivamo all’inizio della guerra. Ma la gente qui continua a essere dipendente dagli aiuti umanitari, anzi la situazione si è aggravata. Siamo stanchi, ma sentiamo una forte responsabilità: non possiamo abbandonare le famiglie di sfollati che si sono rivolte a noi – sono soprattutto donne e bambini – e sentiamo che il nostro lavoro umanitario, sostenuto dalla generosità delle Comunità di Sant’Egidio in Italia e nel mondo e di quanti hanno risposto al loro invito a sostenere il nostro impegno in Ucraina, difende la dignità e prepara un futuro di pace per il nostro Paese".

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