Ucciso mentre difendeva il “polmone d’Atlanta”: l’attivista Manuel Esteban Paez Terán morto a 26 anni
Manuel Esteban Paez Terán, attivista 26enne di Atlanta, è stato ucciso il 18 novembre scorso da un poliziotto mentre protestava per difendere il parco naturale del South River forest. L'attivista voleva difendere l'oasi in Georgia. Negli ultimi 10 anni sono stati almeno 1.700 gli ambientalisti morti durante proteste per difendere la biodiversità e l'integrità di oasi dedicate alla natura.
Il giovane è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente poco dopo le 9 del mattina. L'attivista è rimasto vittima di un blitz organizzato contro i manifestanti che da mesi occupano la Weelaunee Forest, polmone verde di Atlanta.
Le dinamiche dei fatti non sono ancora chiaro, ma secondo la polizia l'attivista avrebbe "sparato per primo", ferendo uno dei militari attualmente in ospedale. L'accaduto ha causato una serie di proteste in America con scontri con le forze dell'ordine. Il governatore repubblicano Brian Kemp ha dichiarato il 26 gennaio lo stato di emergenza.
La dinamica dei fatti fornita dagli agenti non è stata confermata dai presenti né è provata dalle immagini delle bodycam. Le forze dell'ordine, infatti, hanno ammesso di non averle mai azionate. Sul posto erano intervenute decine di agenti di polizia e funzionari dell'Fbi con l'ordine di sgomberare l'area.
La South River forest è infatti oggetto di una protesta iniziata alla fine del 2021, quando la sindaca di Atlanta Keisha Lance Bottoms ha annunciato l'abbattimento di diversi chilometri quadrati di bosco per far spazio a una struttura preposta all'addestramento del dipartimento di polizia di Atlanta, un aeroporto e uno studio cinematografico.
Ad appoggiare il progetto annunciato da Lance Bottoms, l'Atlante police foundation, organizzazione no profit nata nel 2003 che utilizza fondi privati per sostenere le iniziative delle forze di polizia che in più occasioni ha dimostrato di avere un rapporto privilegiato con la politica locale.
Nel consiglio di amministrazione, infatti, spiccano nomi di banche, studi legali e società di investimento. Anche nella lista degli investitori vi sono nomi importati come Waffle House, At&T, Georgia Pacific e Home Depot.
Gli ambientalisti dall'altra parte della barricata hanno denunciato la loro "solitudine istituzionale" nella lotta per la difesa di un'area boschiva descritta come "bene pubblico storico" nello statuto della città.
Fino agli anni trenta dell'800, la Weelaunee è stata la dimora dei Muscogee Creek, tribù di nativi americani deportati dall'esercito statunitense. La terra è stata poi trasferita nelle mani dell'elite di proprietari terrieri che gestivano le piantagioni di cotone.
Nel 1918, le piantagioni vennero sostituite da una fattoria penitenziaria in cui i detenuti (quasi tutti afromericani) condannati per furto, vagabondaggio o ubriachezza molesta, sono stati costretti a lavorare fino al 1195. Oggi l'area è circondata da quartieri a maggioranza afromericana per decenni abbandonati dall'amministrazione.
Da dicembre ad oggi almeno 19 persone coinvolte nelle proteste sono state accusate di terrorismo e 6 sono state arrestate solo nell'ultima settimana. Secondo Global Witness, negli ultimi 10 anni sono stati uccisi circa 1700 attivisti, molti dei quali in America Latina e Messico.
Duecento, quasi tutti appartenenti a minoranze indigene, sono stati assassinati solo nel 2021. La repressione non ha risparmiato donne, bambini e anziani.