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Opinioni

Tutto quel che non convince dell’Europa che deve riarmarsi fino ai denti

Perché l’Europa deve spendere 800 miliardi in armamenti se già oggi spende per la difesa una volta e mezzo la Russia di Putin? Il sospetto è che Rearm Europe sia solo il prezzo da pagare per evitare i dazi di Trump. Ne vale davvero la pena?
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Premessa doverosa, visti i tempi che corrono: questo articolo sarà tacciato di filo-putinismo, di intelligenza col nemico, di anti-americanismo. Correremo il rischio di dover passare un po’ di tempo a non leggere commenti sui social, tuttavia, nel nome di un po’ di sano dibattito in più. Perché no, questa storia che dobbiamo per forza spendere 800 miliardi in armamenti se non vogliamo l’Armata Rossa che ci marcia sotto casa non convince granché.

Non convince, innanzitutto, perché a fare da grancassa al partito delle armi sono gli stessi che ci dicevano che il capitalismo, la globalizzazione e l’interdipendenza delle economie ci avrebbero tenuti lontani da tutte le guerre fino alla fine dei tempi. E che oggi, con la stessa sicumera, ci dicono che dobbiamo armarci forte perché – in estrema sintesi – gli Stati Uniti devono fronteggiare la Cina nell’Oceano Pacifico e non hanno tempo per occuparsi di difenderci dalla Russia di Putin.

Sia mai che chiedano scusa, o facciano ammenda, per i loro piccoli errori di valutazione degli ultimi trent’anni. Ma d’altra parte, al netto degli errori, potrebbero obiettare, non possiamo non guardare in faccia alla realtà. Putin ha invaso l’Ucraina, ed è un pericolo per tutta l’Europa dell’est.

E ok, su questo siamo d’accordo. Ma per onor di verità dobbiamo anche ricordare che quello stesso Paese che oggi ci appare improvvisamente come un'invincibile armata pronta a conquistare fino a Lisbona un’Europa imbelle è lo stesso Paese che in tre anni di conflitto con l’Ucraina non è riuscita ad andare oltre alla presa delle due province conquistate nelle prime ore dell’invasione. Nonostante, ricordiamo pure questo, spenda quasi il 10% del suo prodotto interno lordo in armamenti. Davvero l’attuale arsenale bellico europeo, peraltro sotto l’ombrello della Nato, non è sufficiente a proteggerci da questo terribile nemico?

Per rispondere a questa domanda lasciamo che a parlare siano i numeri dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli, che non ci risulta essere né una spia russa, né un tantomeno un hippie. Numeri che ci dicono che nel 2024 la spesa militare europea eccedeva quella russa del 58%. La diciamo meglio: già oggi spendiamo una volta e mezzo in armamenti di quel che spende la Russia. Un ampio divario, scrive Cottarelli, che “suggerisce cautela nel concludere che sia necessario un forte aumento della spesa militare in Europa”.

Come il ragionier Ugo Fantozzi, insomma, siamo colti da un leggerissimo sospetto: che questo grande, impellente bisogno di spendere 800 miliardi in armamenti serva solamente per riequilibrare la bilancia commerciale con gli Stati Uniti d’America, e sia quel che dobbiamo dare a Trump per evitare i dazi sulle esportazioni europee negli Usa. Che sia il prezzo che dobbiamo pagare, in altre parole, per evitare una guerra – commerciale, ma sempre guerra si tratta – minacciata da colui che si definisce come il nostro più stretto alleato. Le tempistiche tra la minaccia dei dazi di Trump e il lancio in pompa magna di Rearm Europe da parte di Ursula vor der Leyen, curiosamente, coincidono. Ma forse siamo noi che pensiamo male.

Beh, direte voi, ancora: che male c’è? Spendiamo questi 800 miliardi, ci evitiamo una guerra commerciale e a Putin passa ancora più la voglia di invadere l’Europa. D’accordo, ottimo punto. Al quale tuttavia opponiamo due ulteriori obiezioni.

La prima si chiama "costo opportunità": questi 800 miliardi di euro sono debito aggiuntivo che facciamo per uno scopo ben preciso. Ma sono anche debito che rinunciamo a fare per investire in sanità, scuola, welfare, integrazione, lotta al cambiamento climatico, incentivi all’innovazione tecnologica – giusto per citare le prime sei cose che vengono in mente. Tutti capitoli di spesa per i quali, negli ultimi decenni, ci è stato spesso detto che non si poteva fare debito aggiuntivo. Curiosamente, dagli stessi che oggi vogliono allargare i cordoni della borsa per comprare nuovi sistemi d'arma.

La seconda si chiama “previsioni che si auto-avverano”: se noi spendiamo 800 miliardi in sistemi d’arma per paura di una guerra, credete che la Russia e la Cina stiano con le mani in mano? Azione e reazione, come in ogni partita a scacchi che si rispetti. E se tutti cominciano ad armarsi, prima o poi qualcuno quelle armi deciderà di usarle, anche solo per paura che il nemico a fare la prima mossa.

Tutto questo non vuol dire fare le anime belle, intendiamoci. Che il mondo sia un posto sempre più pericoloso è un dato di fatto. Che la difesa, piaccia o meno, sia qualcosa di cui dobbiamo occuparci, pure. Ma preferiamo farci venire qualche dubbio in più, ora che possiamo ancora permettercelo. Ne va del nostro futuro, tutto sommato. Ed è un motivo più che valido per non stare zitti.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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