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Turchia, sospesi 35mila insegnanti delle scuole pubbliche e private

Il presidente Erdogan ha fatto sospendere oltre 21mila insegnanti delle scuole private e 15mila delle pubbliche perché sospettati di essere vicini alla rete di Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere fautore del fallito golpe.
A cura di Davide Falcioni
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Che il tentato golpe in Turchia di venerdì sera avrebbe provocato una reazione furibonda del governo era chiaro, ma probabilmente nessuno immaginava che un paese in trattativa per entrare nell'Unione Europea avrebbe innalzato la repressione ai livelli che in questi giorni sono sotto gli occhi di tutto il mondo. Non solo le migliaia di arresti arbitrari, non solo le torture, non solo il terrore che serpeggia tra tutti gli oppositori politici:  è di queste ore la notizia che il ministero dell'Educazione turco ha revocato la licenza d'insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private, molte delle quali sono ritenute vicine alla rete di Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere dietro il fallito golpe. Lo riporta Ntv. In precedenza, era stata annunciata la sospensione di 15.200 insegnanti delle scuole pubbliche. Non solo: sono state chieste le dimissioni di 1.577 rettori. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie.

Il giro di vite non risparmia neppure i media: Il Consiglio supremo per la radio e la televisione turco (Rtuk) ha infatti votato all'unanimità la revoca della licenza di trasmissione a "ogni radio o televisione legata a oppure a sostegno" della rete di Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere dietro al fallito golpe. La decisione non nomina esplicitamente alcun media, lasciando spazio a un'interpretazione estensiva da parte delle autorità.

Come se non bastasse tutto ciò il presidente Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato di essere pronto a ripristinare la pena di morte se troverà il sostegno del Parlamento. Il leader turco l'ha dichiarato questa mattina incontrando per pochi minuti migliaia di sostenitori che si erano dati appuntamento sotto la sua residenza e che invocavano la pena capitale in seguito al fallito colpo di stato. Erdogan ha utilizzato parole che suonano come una minaccia e come un inaccettabile passo indietro: "Oggi non c'è la pena di morte negli Stati Uniti? E non c'è anche in Russia, in Cina e in molti altri paesi del mondo? Solo negli stati dell'Unione Europea la pena di morte è stata abolita". Il presidente ha quindi aggiunto che la Turchia è un paese democratico in cui vige lo stato di diritto, e che proprio per questo "non può ignorare le richieste dei propri cittadini".

Gentiloni: "Con pena di morte, no alla Turchia in UE"

La possibilità che la Turchia ripristini la pena capitale ha incontrato le dure critiche da parte dei leader europei. Paolo Gentiloni, ministro degli esteri italiano, ha dichiarato a Radio Anch'Io: "Non sta né in cielo né in terra continuare negoziati per l'ingresso in Europa con un Paese che reintroduce la pena di morte. Siamo molto molto severi con la Turchia – ha aggiunto il titolare della Farnesina – e nei confronti della logica delle epurazioni perché a differenza di altri paesi della regione che eseguono condanne a morte ha un percorso di negoziato per l'ingresso in Europa". La posizione del ministro italiano è condivisa da tutti gli altri leader europei, a partire da Angela Merkel e da Federica Mogherini, che hanno fortemente condannato l'intenzione di Erdogan di ripristinare la pena capitale.

In realtà, tuttavia, la discussione sulla pena di morte è tornata al centro del dibattito politico e a partire da domani il parlamento inizierà a discuterne. La Turchia abolì la pena di morte nel 2004 non appena diede inizio alle riforme necessarie per poter entrare in Unione Europea. L'ingresso in UE, all'indomani del tentato golpe, sembra però non essere più un punto prioritario per il governo di Ankara.

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