Tunisia: il dopo Ben Ali, tra governo provvisorio e scontri di piazza
Dolo la rapida successione di eventi che hanno scosso il mondo arabo, e dopo i violenti scontri dei giorni scorsi, la Tunisia è entrata in una fase cruciale: bisogna colmare il vuoto di potere seguito alla fuga del dittatore Ben Ali con un governo provvisorio credibile in grado di guidare il paese nordafricano verso un percorso democratico. Questa è l'aspirazione dei tunisini a giudicare da quello che si è visto per le strade in questi giorni, dove quelle che inizialmente erano delle proteste economiche si sono trasformate presto in proteste contro la corruzione e per la libertà.
Il futuro immediato della Tunisia dipende in buona parte dalle decisioni che saranno prese in queste ore e se da una parte i segnali sono incoraggianti, ( basti pensare al rilascio di molti prigionieri politici ed alla legalizzazione dei partiti politici), dall'altra non bisogna dimenticare che ci troviamo in un paese dove si dovrà ripartire praticamente da zero.
A questo proposito la scelta del governo provvisorio annunciato dal primo ministo Mohamed Ghanuchi, di mantenere nelle propria fila 4 membri del vecchio regime incorporandone solo 3 dell'opposizione, ha già provocato la reazione violenta dei manifestanti, che vorrebbero un netto taglio col passato, un rinnovamento rapido e reale, oltre che la scomparsa del partito di Ben Ali. Anche per questo motivo, la grande prova per questo governo, chiamato di unità nazionale, è arrivare in breve termine a delle elezioni democratiche e trasparenti per eleggere un parlamento costituente, fatto che di per sé sarebbe una vera e propria rivoluzione per il mondo arabo.
Purtroppo, però, non si sradicano dalla sera alla mattina i tentacoli di una lunga dittatura corrotta per quanto il successo della rivolta popolare che ha deposto il despota e sua moglie (la signora da 1,5 tonnellate d'oro) abbia provocato un'onda di entusiasmo senza precendenti e dall'effetto contagioso. Si parla, infatti, di un mondo arabo in trepidazione; chissà dunque, che i successi tunisini non possano dare una scossa al pietrificato mondo politico arabo.
Intanto l'Interpol ha redatto un ordine di detenzione internazionale contro il presidente deposto del paese, Zine el Abidine Ben Ali, contro sua moglie, Leila Trabelsi e contro altri familiari della coppia, come ha annunciato ieri, 26 gennaio, il ministro della Giustizia, Lazar Karui Chebi; inoltre sono stati bloccati, in Svizzera, tutti i beni di Ben Alì e di una quarantina di persone che gli erano molto vicine.
Ben Alì dovette fuggire in Arabia Saudita a causa delle manifestazioni contro di lui nonostante avesse provate a placare il malcontento in tutti i modi: annunciato la riduzione del prezzo degli alimenti basilari e la sua intenzione di lasciare il poter al termine del suo mandato nel 2014. Nel frattempo, migliora lentamente la situazione in Tunisia: nonostante i nuovi scontri scoppiati a Tunisi nei pressi del Palazzo del governo, e lo sciopero in corso a Sfax, seconda città del Paese maghrebino, le autorità hanno disposto una ulteriore riduzione del coprifuoco.