Trump riduce i dazi sulle auto: meno tasse sui componenti esteri per General Motors e Ford

A pochi giorni dai suoi primi cento giorni alla Casa Bianca, Donald Trump ha deciso di smorzare l'impatto dei dazi sull'industria automobilistica americana. Lo farà ufficialmente il 29 aprile, durante un viaggio in Michigan, culla simbolica della manifattura a stelle e strisce. La decisione, anticipata da fonti vicine all'amministrazione, prevede un taglio mirato alle imposte sui componenti esteri impiegati nella produzione nazionale. Un segnale chiaro: la linea protezionista può cedere il passo, se in gioco ci sono fabbriche, investimenti e consenso industriale. La misura avrà effetto su più livelli: non solo i pezzi importati non saranno più colpiti dalle sovrattasse su acciaio e alluminio, ma le case automobilistiche potranno contare su rimborsi per quanto già versato. Un gesto che sarebbe perciò distensivo, che arriva dopo settimane di pressioni da parte dei colossi di Detroit, General Motors Corporation e Ford in testa.
La pressione di Detroit
La mossa arriva dopo settimane di trattative sotto traccia e crescenti segnali di malcontento da parte dell'industria: lunedì mattina, infatti, alcuni rappresentanti dei principali gruppi del settore avevano lanciato un appello urgente all'amministrazione, chiedendo di evitare una nuova ondata di dazi, in particolare quel 25% sulle parti auto importate che Trump aveva minacciato di introdurre entro il 3 maggio. Per la General Motors Corporation e Ford, le tariffe avevano già cominciato a erodere margini e a complicare le catene di approvvigionamento. Il timore era che il combinato disposto di dazi e imposte su materie prime strategiche come l'acciaio avrebbe portato a un aumento dei prezzi finali per i consumatori e a un rallentamento della domanda. Per GM e Ford, le tariffe avevano già cominciato a erodere margini e a complicare le catene di approvvigionamento. Il timore era che il combinato disposto di dazi e imposte su materie prime strategiche come l’acciaio avrebbe portato a un aumento dei prezzi finali per i consumatori e a un rallentamento della domanda. Mary Barra, CEO di General Motors, ha parlato di "un segnale incoraggiante" da parte della Casa Bianca: "Crediamo che la leadership del presidente stia contribuendo a creare condizioni più eque per le imprese americane, e ci permetta di investire ancora di più nell’economia nazionale", ha detto. Sulla stessa linea Jim Farley, numero uno di Ford: "La flessibilità dimostrata dall'amministrazione ci dà spazio per pianificare con maggiore certezza".
Una sterzata calcolata
Non sarebbe dunque solo una concessione tecnica: il momento e il luogo scelti per l'annuncio avrebbero un significato politico evidente. Il Michigan è infatti il cuore simbolico dell'industria automobilistica statunitense, ma anche uno dei teatri chiave delle prossime elezioni. Trump, in difficoltà nei sondaggi in alcuni Stati chiave del Midwest, potrebbe dunque cercare ora di rinsaldare il rapporto con gli operai e con le imprese manifatturiere, mettendo sul tavolo una misura concreta. Sarebbe poi anche una risposta alla crescente preoccupazione degli investitori, scossi da settimane di incertezza sul fronte commerciale. I dazi, in teoria arma per difendere il "made in USA", hanno infatti generato contraccolpi inattesi: volatilità sui mercati, rinvii negli investimenti, timori di un rallentamento più ampio. Con questa nuova apertura, Trump, dunque, mostra di saper usare il protezionismo non solo come bandiera ideologica, ma anche, e soprattutto, come strumento negoziabile; una marcia indietro, certo, ma calcolata. Non un addio al dazio, quindi, forse, ma un'aggiustata di rotta. Almeno, per ora.