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Trivellazioni nell’Artico, Obama dà il via libera alla Shell per la caccia al petrolio

L’amministrazione Usa ha approvato, in via preliminare, il piano esplorativo della compagnia energetica aumentando restrizione e controlli. L’allarme degli ambientalisti: troppi incidenti, la Shell non è affidabile.
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Le trivelle della Shell potranno tornare a caccia dell'oro nero nelle gelide acque dell'Alaska. Poche ore fa l'amministrazione di Barack Obama ha dato il via libera preliminare al piano di esplorazione marina proposto dalla compagnia petrolifera e fermo dal 2012, data in cui i lavori vennero bloccati a causa di un incidente che mise in pericolo una nave della Royal Dutch Shell Pfc (la Kulluk) e l'ambiente marino circostante.

In pratica la nuova regolamentazione, approvata dal Dipartimento degli Interni, dà il via libera al piano proposto dalla Shell che prevede di utilizzare due trivelle per esplorare sei pozzi nel mare di Chukchi. Le operazioni dovrebbero iniziare a luglio prossimo, ma solo nel momento in cui la compagnia petrolifera soddisferà le diciotto condizioni preliminari imposte dal Dipartimento Usa e ritenute condizioni indispensabili per l'avvio dei lavori. Tali condizioni preliminari, informa la Bloomberg, riguardano, ad esempio, il conseguimento di tutti i permessi preliminari da parte delle autorità locali, i piani di contenimento e di emergenza per ogni eventuale incidente e far operare le unità navali petrolifere ad almeno quattro miglia marine (circa 7,4 chilometri) da dove si trovano le balene artiche e i leoni marini. Le operazioni, inoltre, avverranno in acque profonde circa 43 metri (140 piedi) e saranno localizzate in un'area distante circa 70 miglia marine da Wainwright, porticciolo sito nell'estremità settentrionale dell'Alaska. Secondo i dati forniti dalla comunità scientifica internazionale nell'area di Oceano Artico che insiste tra il mare di Chukchi e quello di Beaufort si troverebbero circa 15 miliardi di barili di petrolio grezzo, mentre l'intera area artica – secondo l'Istituto Geologico Usa – ne custodirebbe circa 24.

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La decisione del Presidente Usa, considerata una grande vittoria della lobby petrolifera e una sorta di passo indietro per l'amministrazione considerata la più verde dell'intera storia nazionale, ha sollevato perplessità, opposizioni e proteste da parte non solo delle associazioni ambientaliste che si battono per la salvaguardia dell'ecostistema artico e degli oceani, ma anche di numerosi scienziati che hanno evidenziato come la compagnia Shell abbia già dato prove, nel recente passato, di non essere affidabile nella gestione di operazioni complesse e ai limiti della realizzazione, quali quelle che si apprestano ad affrontare nelle acque dell'Artico. Ciò che viene sottolineato da tutte le parti in campo è che l'ambiente del mare di Chukchi, così come quello dell'intero circolo polare, è tra i più difficili, ostili e pericolosi dell'intero pianeta. Questo perché l'area è costantemente interessata da condizioni meteomar estreme, da violente tempeste, dalla presenza di blocchi di ghiaccio alla deriva e da onde che posso superare i 15 metri d'altezza.
La zona scelta per i carotaggi, inoltre, risulta essere non solo difficilmente raggiungibile via mare, per le problematiche sopra elencate, ma l'intera area su terra ferma è ugualmente selvaggia non essendoci strade principali, città o porti adeguati ad ospitare navi di grandi dimensioni. Basti pensare che la base della Guardia Costiera Usa più vicina e attrezzata in caso di incidente dista circa miglia miglia marittime (circa 1.800 chilometri), il che renderebbe estremamente complessa ogni eventuale operazione di salvataggio sia dei lavoratori coinvolti nel potenziale incidente, già avvenuto nel 2012, sia dell'ambiente marino. L'area è una delle principali rotte migratorie e di pesca per numerosi mammiferi artici (a tal riguardo si ricordi quanto avvenuto nelle ben più tranquille acque del Golfo del Messico nel 2010, quando l'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon causò l'uccisione di 11 lavoratori e la perdita nell'oceano di milioni di barili di petrolio).

Ben van Beurden direttore esecutivo della Shell
Ben van Beurden direttore esecutivo della Shell

“Abbiamo deciso di assumere un approccio attento nel considerare con la massima attenzione l'ipotesi di autorizzare l'esplorazione del Mar di Chuckhi – ha affermato in un comunicato ufficiale Abigail Ross Hopper, direttore dell'Ufficio per la Gestione dell'energia oceanica afferente al Dipartimento degli Interni Usa –. L'amministrazione ha riconosciuto la necessità di stabilire elevati standard operativi per la protezione dell'ecosistema Artico così come per la protezione delle tradizioni culturali dei nativi dell'Alaska e delle esplorazioni in mare aperto. Tutte le attività continueranno ad essere sottoposto a rigorosi standard di sicurezza”. Le parole rassicuranti della Ross Hopper, tuttavia, non hanno convinto gli ambientalisti che hanno replicato a muso duro: “Ancora una volta il nostro governo ha fatto le corse per approvare l'esplorazione rischiosa e mal concepita di uno dei posti più remoti ed importanti della Terra – ha affermato al New York Times Susan Murray, vice presidente di Oceana –. La Shell ha già dimostrato di non essere pronta per lavorare in modo responsabile nell'Oceano Artico. E né la compagnia né il nostro governo hanno deciso di valutare pienamente e con cognizione di causa i rischi relativi alla proposta della Shell”.

A supporto delle parole della Murray c'è un report dello stesso dipartimento degli Interni Usa, in cui si scrive che la Shell – nelle precedenti operazioni artiche –, ha fallito nell'adempimento di numerosi protocolli operativi, nella supervisione dei subappaltatori attivi in settori critici per le trivellazioni, concludendo che la compagnia non era preparata ad affrontare le difficoltà eccezionali che derivano dall'operare nell'ambiente artico. “Non possiamo credere nella Shell – ha affermato in una nota Cindy Shogan, diretotre esecutivo dell'Alaska Wilderness League –. Come tutti ricordiamo gli incidenti del 2012 culminarono con la deriva della loro principale piattaforma. I piani per il 2015 della compagnia sono ancora più pericolosi e sporchi di quelli di tre anni fa”.

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