Tribunali verso la protezione dei profughi ucraini: permesso per attendere l’iter in Italia
In attesa di una norma che renda automatico il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria per i cittadini ucraini, i Tribunali si starebbero orientando per accogliere le domande di protezione internazionale, garantendo, in via cautelare e di urgenza, la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno provvisorio di richiesta asilo (della durata di 6 mesi e rinnovabili fino alla conclusione dell'iter) che permette al cittadino di restare sul territorio italiano mentre la sua pratica viene esaminata.
Lo si evince dalla decisione del Tribunale di Napoli nei confronti di tre cittadini ucraini, le cui richieste di protezione sussidiaria, presentate tra un mese e una settimana fa, erano state rigettate perché ritenute inammissibili. I loro legali hanno presentato ricorso e il tribunale, si legge, ha sospeso "l'efficacia esecutiva del provvedimento", "tenuto conto della sopravvenuta situazione di violenza indiscriminata derivante dal conflitto in atto con la Russia" e "ritenuto che, al momento, tale situazione di conflitto armato integra una condizione di inespellibilità del ricorrente, pochè il suo allontanamento potrebbe attentare al suo diritto alla vita".
"In seguito ad una domanda reiterata di asilo giudicata inammissibile dalla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale (con obbligo immediato per il richiedente di ritornare nel suo paese) è stato proposto ricorso in tribunale – spiega a Fanpage.it l'avvocato Gianluca de Vincentis – il giudice, alla luce della drammatica situazione socio politica dell'Ucraina, ha disposto la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. Pertanto il cittadino ucraino non è più obbligato a ritornare in patria in attesa della decisione".
L'iter per ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria prevede che la domanda venga esaminata da una commissione. Nel caso di Paesi ritenuti sicuri (come era considerata l'Ucraina fino a pochi giorni fa) si applica una procedura accelerata, che porta solitamente al rigetto perché la richiesta viene ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.
Il richiedente anche in tal caso può comunque presentare ricorso in tribunale (specie se la situazione nel suo Paese d'origine è nel frattempo cambiata) ma, in attesa della pronuncia del giudice, deve tornare in patria. In questi ultimi casi, sebbene la richiesta non sia stata ancora accettata, è stato sospeso l'obbligo di rimpatrio, decisione motivata proprio coi rischi che il richiedente potrebbe correre.