video suggerito
video suggerito
Opinioni
Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Tregua in Libano: cosa cambia adesso per Gaza e perché si allontana lo scontro diretto tra Israele e Iran

Nella notte italiana è entrato in vigore in Libano il cessate il fuoco nella guerra tra Israele e il movimento islamista Hezbollah. Cosa succederà adesso, perché si allontana lo scontro diretto con l’Iran e cosa cambia per il conflitto a Gaza.
A cura di Giuseppe Acconcia
24 CONDIVISIONI
Festeggiamenti in Libano per il cessate il fuoco
Festeggiamenti in Libano per il cessate il fuoco
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Festeggiamenti a Beirut hanno accolto l'avvio della tregua in Libano mentre centinaia di sfollati hanno già iniziato a fare rientro nelle loro case in alcune città del Sud del paese. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva annunciato nella serata di ieri l'intesa per un cessate il fuoco in Libano, in vigore da questa notte. La tregua segue i contorni della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite con cui si è conclusa la guerra, durata 36 giorni, tra Israele e Hezbollah nel 2006.

Secondo l'intesa, l'esercito israeliano dovrà ritirarsi dal Sud del Libano mentre il movimento sciita libanese dovrà posizionare la sua artiglieria pesante a Nord del fiume Litani, a circa 25km dal confine. Nella prima fase transitoria di 60 giorni, l'esercito libanese sarà dispiegato nella zona cuscinetto tra i due paesi dove è già presente la forza di peacekeeping Onu (Unifil). Stati Uniti e Francia monitoreranno il rispetto dell'intesa ma l'esercito israeliano (Idf) avrà “libertà di azione” in caso di violazioni della tregua da parte di Hezbollah. Da parte sua, il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha chiesto “un'immediata attuazione del cessate il fuoco” mentre i bombardamenti di Idf su Beirut, Tiro e Baalbek erano andati avanti per tutta la giornata di martedì causando oltre 50 morti.

Un'umiliazione per Hezbollah e per le milizie sciite?

Le operazioni militari israeliane in Libano sono partite lo scorso 17 settembre con le esplosioni di walkie-talkie e cercapersone in dotazione dei membri di Hezbollah in Libano e Siria, sebbene le scaramucce di confine tra Idf e le milizie sciite libanesi vadano avanti dalle settimane immediatamente successive agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 che hanno causato 1200 morti israeliani, oltre 200 ostaggi alcuni ancora nelle mani del movimento che governa la Striscia di Gaza, e oltre 44mila morti palestinesi.

Da quel momento, Idf ha ucciso gran parte della leadership del movimento sciita libanese, incluso il leader carismatico Hassan Nasrallah lo scorso 27 settembre. I bombardamenti su Beirut e nel Sud del paese hanno provocato 3700 morti in Libano e 126 israeliani. La guerra ha causato oltre un milione di profughi in Libano mentre oltre 60mila israeliani hanno dovuto lasciare le loro case nel Nord del paese in seguito all'avvio del conflitto.

Secondo il premier israeliano, “Hezbollah non è più lo stesso” rispetto a prima della guerra ed è “tornato indietro di decine di anni”. “Abbiamo distrutto il loro arsenale di armi e missili e i loro tunnel sotterranei vicino ai nostri confini”, ha confermato Netanyahu. Più in generale, con il ridimensionamento di Hezbollah, si è andato riducendo nel suo complesso il ruolo militare regionale, ricoperto dalle milizie sciite vicine all'Iran in Medio Oriente. Il processo è iniziato già alcuni anni fa, dopo l'uccisione a Baghdad del capo delle milizie al-Quds, Qassem Soleimani, nel 2020 con il disco verde degli Stati Uniti di Trump. Da quel momento è apparso chiaro a tutti che Teheran avrebbe accettato tutto in nome della sopravvivenza della Repubblica islamica. E così anche il proliferare delle milizie sciite che hanno accresciuto l'influenza regionale iraniana dalla Siria all'Iraq, dal Libano allo Yemen, dovrà avere sempre di più una funzione di
stabilizzazione in contesti di conflitto, di sostituzione militare della superpotenza regionale per eccellenza, gli Stati Uniti, in ritirata dall'area dopo la rielezione di Donald Trump, ma non potrà rappresentare una vera alternativa politica agli interessi geopolitici israeliani nella regione.

“La minaccia iraniana”

Il ministero degli Esteri iraniano ha accolto positivamente “la fine dell'aggressione” israeliana in Libano. E così l'accordo per il cessate il fuoco a Beirut allontana l'annunciata risposta di Teheran agli attacchi israeliani contro l'Iran del 26 ottobre scorso in risposta ai raid iraniani di inizio ottobre che hanno colpito Tel Aviv dopo l'uccisione del leader di Hezbollah. Tuttavia per Netanyahu, il cessate il fuoco in Libano permetterà a Israele di concentrarsi sulla “minaccia iraniana” garantendo anche di “riarmare” le truppe. Fin qui Idf è stata impegnata su sette fronti (Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Yemen e Iran). “Impedirò all'Iran di avere armi nucleari”, ha aggiunto il premier israeliano.

Dal canto suo, Teheran ha tutto l'interesse di archiviare in questa fase la tanto paventata intenzione di rispondere ai raid israeliani dello scorso ottobre puntando tutto su un nuovo accordo con la comunità internazionale sul suo programma nucleare, in vista dell'insediamento di Trump alla Casa Bianca il prossimo gennaio.

Prima dell'annuncio della tregua in Libano, il viceministro degli Esteri iraniano, Majid Takht- Ravanchi, aveva espresso la volontà di incontrare a Ginevra i rappresentanti dei paesi europei (Francia, Gran Bretagna e Germania) impegnati nei colloqui per il nucleare, tra i P5+1 (i paesi del Consiglio di sicurezza Onu con la Germania). La richiesta è arrivata dopo il fallimento di un accordo preliminare che prevedeva di stabilire il limite al 60% dell'arricchimento dell'uranio, sotto la soglia che permetterebbe la realizzazione di un'arma nucleare in Iran.

Negli ultimi mesi sono andati crescendo i timori che Teheran potrebbe raddoppiare i suoi sforzi per dotarsi di un'arma atomica, dichiarando che si tratti di un'attività necessaria per motivi di auto-difesa. I primi colloqui con le controparti europee si terranno venerdì 29 novembre e saranno i primi incontri di alto livello dopo due anni di sospensione dei negoziati, al palo anche in relazione allo scoppio della guerra in Ucraina e a causa delle forniture di droni iraniani a Mosca.

Le accuse dell'Agenzia internazionale per l'Energia atomica

L'Agenzia internazionale per l'Energia atomica (Aiea) aveva accusato Teheran di non cooperare con le ispezioni nelle sue centrali nucleari, come previsto dai suoi obblighi internazionali in base al Trattato di non-proliferazione nucleare. Dal canto suo, l'Aiea ha preparato un report in cui l'Iran viene accusato di non rispettare gli obblighi presi nell'ambito dell'accordo di Vienna sul nucleare nel 2015, voluto dall'allora presidente Barack Obama. Il report potrebbe essere un primo passo per presentare alle Nazioni Unite una mozione che ripristini anche le sanzioni dell'Onu contro Teheran, dopo il ritiro unilaterale dall'intesa, voluto da Donald Trump nel 2018, durante il suo primo mandato.

Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno salutato con favore i risultati presentati dall'Aiea e si sono detti preoccupati per il fatto che l'Iran anziché rispondere con la cooperazione, ha pianificato l'ulteriore espansione del suo programma nucleare. Teheran aveva ritirato il suo accordo alla cooperazione nelle ispezioni dell'Agenzia in parallelo con il ripristino delle sanzioni internazionali nel 2018. Ma l'Aiea nelle ultime settimane aveva avvertito che l'Iran sta procedendo con il suo programma nucleare a una velocità più sostenuta del passato.

Anche il presidente del parlamento iraniano, Mohammad Baqer Qalibaf, ha confermato che l'Iran ha attivato la produzione di nuove centrifughe in risposta alle accuse rilanciate dall'Agenzia. Non solo, il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, ha puntato il dito contro i paesi europei che avrebbero, secondo lui, cercato di politicizzare l'Agenzia e il suo direttore, Rafael Grossi. Araghchi ha però dato la sua disponibilità alla ripresa dei colloqui sul nucleare per arrivare a una nuova intesa. Teheran aveva espresso i suoi dubbi verso i paesi europei che non avevano preso posizione in contrasto con la decisione di Trump di stracciare l'accordo di Vienna. Eppure Francia, Germania
e Gran Bretagna avevano creato il sistema Instex per superare le sanzioni ai paesi terzi che hanno continuato a fare affari con Teheran.

Cosa significherà il cessate il fuoco in Libano per Gaza

Palestinesi sfollati si accampano nella spiaggia di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza.
Palestinesi sfollati si accampano nella spiaggia di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza.

Per il momento la tregua in Libano non fermerà le operazioni militari israeliane a Gaza. Sebbene il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken ha promesso che il cessate il fuoco a Beirut avrà “effetti positivi” anche a Gaza. Secondo il premier israeliano, Hamas è sempre più solo “una volta che Hezbollah è stato eliminato”. “Proseguiremo con più forza di prima le nostre pressioni su Hamas per portare a casa i nostri ostaggi”, ha aggiunto Netanyahu. Alla vigilia dell'annuncio della tregua, Hezbollah ha fatto cadere la sua richiesta che il cessate il fuoco dovesse avere come precondizione la fine della guerra a Gaza.

A inizio novembre i negoziati in corso in Qatar per un cessate il fuoco a Gaza sono falliti. Il Qatar, insieme all'Egitto impegnato sul fronte negoziale, aveva informato le autorità Usa e israeliane che non sarebbe andato avanti con la mediazione per mancanza di volontà di raggiungere un'intesa tra le parti in causa. Lo scorso aprile, Doha aveva chiesto ai comandanti di Hamas di lasciare il paese per andare in Turchia. Poche settimane dopo sono però ripresi gli sforzi negoziali con la mediazione del primo ministro, Mohammed bin Abdulrahman al-Thani.

Eppure la crisi umanitaria a Gaza si fa sempre più grave, secondo le Nazioni Unite, nel Nord di Gaza “si stanno riducendo le condizioni per la sopravvivenza” e quasi nessun aiuto umanitario è stato distribuito negli ultimi 40 giorni. Per l'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), il conflitto sta rendendo il territorio “inabitabile”. Mentre 98 su 109 camion di aiuti umanitari sono stati violentemente saccheggiati dopo aver attraversato la Striscia e il loro carico è andato perduto.

Sebbene le autorità israeliane abbiano deciso di vietare le attività di Unrwa in Palestina, per il responsabile dell'agenzia Onu, Philippe Lazzarini, “non esiste nessun'altra agenzia in grado di svolgere le stesse attività”. Non solo, l'Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha duramente condannato l'elevato numero di civili uccisi nella guerra a Gaza, di cui il 70% negli ultimi sei mesi sono donne e bambini. Come se non bastasse, il 44% delle vittime verificate dall'Onu sono bambini tra i cinque e i nove anni.

L'occupazione permanente della Striscia da parte di Idf non è tra le rivendicazioni ufficiali di Israele. Tuttavia, secondo la stampa israeliana, le autorità di Tel Aviv potrebbero voler annettere parte del territorio della Striscia anziché negoziare la fine della guerra.

L'annuncio del cessate il fuoco in Libano, se verrà rispettato permanentemente dalle parti, ha finalmente chiuso una delle pagine più sanguinose della guerra avviatasi con gli attacchi del 7 ottobre 2023. La tregua ha scongiurato l'esasperazione su linee settarie delle fragili dinamiche politiche libanesi che avrebbero potuto riportare indietro il paese negli anni della guerra civile (1975-1990).

Non solo, ha evitato che il Libano diventasse un'altra Gaza cioè una terra di nessuno con una crisi umanitaria quasi irreversibile. Il movimento sciita libanese Hezbollah esce estremamente indebolito da questi mesi di guerra sia da un punto di vista militare che politico. Ma è l'intera galassia delle milizie sciite in Medio Oriente a dover ridimensionare la sua influenza politica regionale. Questo potrebbe calmare gli animi degli ayatollah più radicali in Iran e aprire la strada a una distensione, ancora in salita, che includa la fine delle ostilità anche a Gaza.

24 CONDIVISIONI
Immagine
Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views