Tre italiani sono stati sequestrati dai pirati in Nigeria
Quattro persone, ieri, sono state rapite dai pirati nel sud della Nigeria, all’altezza dello stato del Beyelsa. Tre di queste, l’ha confermato la Farnesina, sono marinai di nazionalità italiana mentre non è nota la nazionalità del quarto sequestrato. La Farnesina ha fatto sapere che gli italiani sono stati prelevati da un gruppo di ignoti e che attualmente il ministro degli Esteri Giulio Terzi sta seguendo da vicino gli sviluppi del sequestro. La Farnesina ha anche reso noto che si tratta dell’equipaggio della nave Mv Asso Venturo, dell’armatore Augusta Offshore che ha sede a Napoli. L’incolumità degli ostaggi è, come sempre in questi casi, la priorità del Governo che ha riferito che l’unità di crisi sta seguendo fin dall’inizio la vicenda e che è stato attivato anche il console italiano al Lagos. Secondo l'International Maritime Bureau (Imb) la nave è stata rilasciata, è approdata in un luogo sicuro e non ci sono feriti. Gli assalitori sono fuggiti dopo aver sequestrato i quattro uomini lasciando gli altri marinai a bordo della nave, sarebbero stati loro a dare l'allarme prima di tornare al porto più vicino. La marina nigeriana, intanto, ha fatto sapere che sono immediatamente scattate le ricerche dei quattro marinai dell'equipaggio.
Contattato dall’Ansa ha rilasciato qualche parola Mario Mattioli, l’amministratore delegato della Augusta Offshore: “Siamo in costante contatto con la Farnesina, in questi minuti stiamo procedendo ad avvisare le famiglie dei marittimi coinvolti”. Non è la prima volta che la società armatrice partenopea viene coinvolta in episodi simili nelle acque africane (l’Augusta Offshore ha interessi soprattutto nel Nordafrica, in Brasile e nel Mediterraneo). Nel marzo del 2011 il rimorchiatore Asso 22 finì sotto il controllo delle milizie libiche che lo tennero in ostaggio per oltre un mese, a bordo c’erano 11 marinai di cui 8 italiani. La vicenda, fortunatamente, si concluse positivamente con il ritorno a casa della nave e dell’equipaggio. Mario Mattioli negò in quella occasione il pagamento di qualunque forma di riscatto attribuendo il buon esito del sequestro alla soluzione diplomatica.