Tibet, l’annuncio di dimissioni del Dalai Lama
Il 10 marzo del 1959 il movimento di resistenza tibetano si sollevava contro il governo occupante cinese, provocando la dura e violenta reazione da parte di questo; reazione che culminò con il massacro di migliaia di uomini, donne e bambini. In seguito a questo drammatico episodio, pochi giorni dopo, il Dalai Lama lasciò Lhasa e il Tibet per andare a riparare a Dharamasala in India dove, con un seguito di 120 000 persone, costituì il governo in esilio tibetano di cui è stato leader fino ad oggi.
Proprio nel messaggio comunicato in occasione del cinquantaduesimo anniversario di quella terribile strage, il Dalai Lama ha infatti annunciato la propria intenzione di dimettersi dal ruolo di guida politica e spirituale. E non solo: ha anche dichiarato che sarebbe necessario far posto ad una nuova guida eletta dal parlamento dei tibetani in esilio. Qualche mese fa, del resto, aveva già annunciato questa intenzione in una intervista rilasciata alla televisione indiana CNN – IBN il 21 novembre, definendola come realizzabile di lì a sei mesi, sebbene non fosse stata ancora discussa con il Parlamento.
Dagli anni '60 il Dalai Lama Tenzin Gyatso, premio Nobel nel 1989, ha sottolineato la necessità per il proprio popolo di avere un leader eletto, come accade per le alte cariche delle altre religioni: oggi, sostiene, è giunto il momento di passare ai fatti, introducendo, in occasione della undicesima sessione del quattordicesimo parlamento tibetano in esilio del 14 marzo, gli emendamenti necessari alla modifica della Carta dei tibetani. Ricordiamo, infatti, che lo strumento di successione della massima autorità del Tibet è da sempre la reincarnazione: quando un Dalai Lama muore le sue funzioni vengono ereditate da un Reggente che tramite premonizioni, oracoli, responsi e segni divini, guida la ricerca della nuova reincarnazione della guida suprema. Una volta identificato, il successore viene sottoposto ad una serie di prove per ricordare la vita precedente.
Tuttavia, il Governo Cinese ha deciso di arrogarsi il diritto di nominare le future reincarnazioni del Dalai Lama: a questo scopo già nel 1995 sequestrò Gedhun Choekyi, il bambino che fu identificato da Tenzin Gyatso come la reincarnazione del Panchen Lama, seconda maggiore carica del buddhismo tibetano. Del bambino a tutt'oggi non si hanno notizie certe.
La decisione del Dalai Lama, soprattutto, darebbe dunque voce al suo desiderio di contribuire al" bene a lungo termine" dei tibetani. Non si è fata attendere la dura replica della Cina che, per bocca del portavoce Jiang Yu ha dichiarato che si tratta solo di "un trucco per ingannare la comunità internazionale".