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Thailandia, come hanno fatto i ragazzi ad uscire dalla grotta

Sono tutti salvi i 12 giovani calciatori rimasti intrappolati per oltre due settimane in una grotta in Thailandia. Le operazioni di soccorso si sono concluse nel pomeriggio di oggi, 10 luglio, dopo che i soccorritori hanno tratto in salvo anche l’allenatore dei ragazzi, uscito per ultimo dalla grotta. Come è avvenuta questa operazione che per molti è un miracolo e per alcuni potrebbero presto diventare un film.
A cura di Biagio Chiariello
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Si vocifera che nei pressi della grotta Tham Luang Nang Non in Thailandia ci siano già dei produttori americani per “un importante film di Hollywood”. A raccontarlo sono i media stranieri, che hanno dato notizia della presenza di Michael Scott, managing director della compagnia Pure Flix, e il co-produttore Adam Smith. Del resto non è cosa di tutti giorni poter documentare una storia (vera) basata su dodici ragazzi e il loro allenatore di calcio rimasti intrappolati in una grotta per settimane e tornati in superficie dopo una lunga e rischiosa operazione di salvataggio. Tutto si è concluso per il meglio dopo giorni di forte preoccupazione, durante i quali si rincorrevano le voci più assurde: dalle trivellazioni di oltre mille metri di roccia alla ricerca dei pollai vicini – visto che i ragazzini intrappolati sostenevano di aver sentito galli che cantavano – fino all’idea cinematografica di creare un tubo d’aria dentro al quale fare circolare i bambini all’asciutto.

Così sono stati salvati

Alla fine la tecnica adottata durante l’intervento in Thailandia è stata l’unica più ragionevole. A condurla sono stati gli stessi sommozzatori esperti, che già conosceva il tunnel e sapevano come muoversi nel budello invaso dalle acque. Indossando maschere integrali, i ragazzi – scortati uno alla volta durante il tragitto da due soccorritori – hanno nuotato attraverso chilometri di tunnel di 3.2 km, fangoso e frastagliato, per tre ore e mezza. Ognuno di loro è stato preceduto e seguito da un esperto speleosoccorritore subacqueo. I tre procedevano assicurati da una fune per non perdere i contatti e per aiutarsi nei passaggi più tortuosi. Il primo sommozzatore portava l’aria respirabile anche per il ragazzino, cui era collegato anche dalla frusta della maschera indossata dal giovane. Il sub in coda aiutava il ragazzino nei passaggi più impegnativi. Tutti i gruppi sono stati sempre assistiti lungo tutto il percorso da altri sommozzatori che aiutavano nei punti più difficili (alcuni passaggi erano larghi solo una cinquantina di cm). A intervalli regolari sono state lasciate scorte di bombole pronte per l’uso in caso di inconvenienti.

Un'unica vittima, ma il suo desiderio è esaudito

In questo momento tutta la squadra di calcio dei “Cinghiali Selvaggi” (dodici ragazzini dagli 11 ai 16 anni e il loro allenatore) è in ospedale per tornare ad un equilibrio psicofisico nel più breve tempo possibile. Potrebbero aver contratto l'istoplasomosi, ma nessuno di loro è in pericolo di vita. In molti gridano al miracolo, ma in questa storia a lieto fine è giusto ricordare anche chi ci ha rimesso la vita: Saman Gunan, sergente maggiore della Marina militare Thailandese, morto soffocato mentre collaborava alle operazioni nelle prime fasi di soccorso. Prima di partire aveva registrato un video in cui diceva di voler “portare a casa i ragazzi”. Il suo desiderio alla fine è stato realizzato. Anche e soprattutto grazie alla professionalità dei sommozzatori.

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