È da sabato 25 aprile che se apri internet ogni due ore, aumenta il numero dei morti nel terremoto in Nepal. Nei primi tre giorni bastava aggiornare la pagina ogni mezz'ora, nelle prime ore ogni cinque minuti. Perché quello in Nepal è stato uno dei terremoti con gli effetti più devastanti di sempre. Se invece ci limitiamo al numero degli italiani morti allora è stato un classico sabato sera all'italiana.
Voglio dirlo con chiarezza: ogni morto, davvero ogni morto, è una tragedia. Nessun articolo di giornale, servizio televisivo o epitaffio potrà mai rendere contezza di una vita che se ne va; che sia a causa di un terremoto o di un incidente automobilistico, e anche se riguardasse il bisnonno sorridente sulla sedia a dondolo e con duecento anni di vita.
Però, però, però.
Però da fruitore dell'informazione, e da provocatore di riflessioni, voglio dirlo con altrettanta chiarezza: è intollerabile che l'Italia sia dominata da un'informazione televisiva pubblica che nei titoli, e durante le notizie, antepone l'interesse per quattro italiani morti rispetto a seimila nepalesi morti e undicimila feriti.
Analizziamo le obiezioni:
1) "Ma siamo in Italia". E chissenefrega. Per arrivare in Nepal impiego lo stesso tempo che mi serve, con un treno regionale, partendo da casa mia, per arrivare in Sicilia. E il Firenze-Kathmandu costa quanto costano due giorni all'Expo per due persone. La rilevanza geografica come metro di interesse, dunque, mi lascia perplesso. Anche senza tirare in ballo quella cosa di Neil Armstrong e il fatto che visti da lontano somigliamo a una roba distinguibile come lo sono le formiche in un formicaio. O le mosche in un merdaio.
2) "Le notizie le decide l'interesse della gente". Entro certi limiti, però. Se io scoprissi che i miei video con Justin Bieber fanno più visualizzazioni di tutti gli altri non abbandonerei le inchieste e i reportage per diventare un bieber boy 24h su 24h. Per lo stesso motivo se le persone chiedessero i combattimenti leoni versus immigrati (e qualcuno è vicino a farlo), non potremmo riaprire il Colosseo alle competizioni di cui sopra. Perché quello che le persone pensano conta, e dovrebbe contare, ma non qualsiasi pensiero può essere lecito, e tanto meno sollecitato, dal prurito nazionalista di una tv generalista pagata dai più fessi (come me).
PS: a parte tutto il mio Saverio ottimista non pensa che le persone chiedano "più info per gli italiani e meno info per l'étranger". Che qualcuno mi convinca, se ci riesce, che parlare dei quattro morti italiani con più enfasi dei seimila morti nepalesi aumenta il numero degli spettatori del Tg1, ad esempio. Al massimo questo modo di comunicare conferma il 73esimo posto dell'Italia nella libertà, e nella qualità, dell'informazione.
E io pago, diceva Totò.