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Svolta storica in Arabia Saudita: rilasciate le prime dieci patenti di guida alle donne

Le prime dieci licenze di guida sono state rilasciate ieri in Arabia Saudita: dal 24 giugno anche le donne potranno guidare l’automobile (ma anche entrare allo stadio e diventare imprenditrici senza il permesso del marito).
A cura di Davide Falcioni
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L'unico paese del mondo in cui alle donne era interdetta la guida delle automobile era l'Arabia Saudita; fino a ieri, però, perché finalmente – e con un ritardo incredibile – le prime dieci donne del paese arabo hanno ottenuto la patente di guida e potranno quindi mettersi al volante come fanno normalmente tutti gli uomini. Ad annunciare la storica svolta era stato il principe ereditario Mohammed Bin Salman nel settembre del 2017, preparando con un discorso l'opinione pubblica a una novità epocale che ora è diventata realtà: la revoca del divieto entrerà ufficialmente in vigore il 24 giugno, ma intanto le prime dieci donne hanno ricevuto la patente di guida. Quella di poter guidare è una conquista storica, che è stata celebrata pochi giorni fa anche dalla versione araba della  rivista di moda Vogue. Nella copertina del numero di giugno, infatti, è immortalata la principessa Hayfa bint Abdullah al Saud, una delle figlie del defunto re Abdullah, al volante di un’auto decapottabile nel deserto mentre indossa i tacchi alti.

In realtà la celebrazione di Vogue del diritto delle donne di guidare, pur se salutata con favore, è stata anche criticata poiché nel Paese l’allarme per il mancato rispetto dei diritti umani rimane ai massimi livelli. Nel mese scorso, secondo Amnesty International,  11 persone (soprattutto donne) sono state arrestate con l’accusa di “tradimento”. Fra loro Loujain al-Hathloul, nota per il suo impegno nella difesa dei diritti delle donne. Nel frattempo il principe ereditario Mohammed Bin Salman prosegue nel suo programma di riforme avviato nel 2017. Dopo il via libera alla patente di guida (ben accolto da società come Uber, che hanno iniziato a reclutarle come autiste), alle donne è stato concesso di entrare negli stadi e di diventare imprenditrici (senza il consenso di un uomo di famiglia) o investigatrici.

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