Sudan, l’ONU: “Negoziato attualmente impossibile”. Un cooperante italiano: “Cadaveri nelle strade”
A dodici giorni dall'inizio della guerra in Sudan tra le unità dell'esercito regolare fedeli al suo capo militare, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le forze di supporto rapido, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, l'accordo per un cessate il fuoco di 72 ore raggiunto dalle due parti in conflitto traballa e nulla lascia presagire una fine imminente dei combattimenti. A dirlo ieri l'inviato delle Nazioni Unite in Sudan, Volker Perthes, secondo cui un negoziato di pace sarebbe al momento fuori discussione perché i gruppi armati protagonisti degli scontri sono convinti di poter ottenere una vittoria militare sul campo
Riferendo, in collegamento da Port Sudan, al Consiglio di sicurezza dell'ONU Perthes ha spiegato che non vi è ancora alcun segnale inequivocabile che una delle due fazioni belligeranti sia pronto a negoziare seriamente. L'inviato delle Nazioni Unite ha inoltre affermato che la temporanea e traballante tregua tra le forze armate sudanesi (SAF) e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) entrata in vigore ieri "finora ha tenuto in alcune zone del Paese", ma i combattimenti sono continuati in città chiave e i movimenti delle truppe proseguono.
Perthes ha anche denunciato il sistematico "disprezzo per le leggi e le norme di guerra" tra i combattenti, che hanno trasformato Khartoum in una zona di combattimenti causando centinaia di morti, migliaia di feriti e attaccando sistematicamente aree densamente popolate e infrastrutture civili, compresi gli ospedali. Il bilancio, certamente sottostimato, è di 459 persone uccise e oltre 4mila ferite. Le forniture di elettricità e acqua sono state interrotte e la distribuzione di cibo fortemente limitata in una nazione in cui un terzo dei suoi 46 milioni di abitanti già prima del conflitto necessitava di aiuti umanitari per sopravvivere.
Il cooperante italiano: "Cadaveri ovunque nelle strade"
In questo quadro è drammatica la testimonianza fornita all'Adnkronos da Stefano Rebora, presidente dell'ong Music for Peace, tra gli italiani evacuati nei giorni scorsi da Khartoum. La capitale sudanese è "tutta distrutta, l'aeroporto è stato raso al suolo e così Africa Road, la via dei ristoranti. In mezzo alle strade ci sono tank e macchine rovesciate e si vedono i crateri provocati dalle armi pesanti. In alcune aree ci sono cadaveri sparsi ovunque perché, a causa degli scontri, è troppo pericoloso recuperarli e quindi vengono abbandonati sul ciglio della strada".
Rebora ha raccontato il difficile trasferimento verso l'Ambasciata Italiana. "A mezzanotte e mezza abbiamo ricevuto il messaggio di raggiungere uno dei due punti di raccolta con mezzi propri e a proprio rischio", afferma il presidente di Music for Peace, rivelando di aver vissuto l'indomani mattina momenti di "panico". "Quel tratto di cinque chilometri che ci separava dalla residenza dell'ambasciatore si è rivelato un incubo. È stato allucinante. C'erano scontri a fuoco e per evitarli si cercavano delle strade alternative rischiando così di perdere anche l'orientamento. Ci abbiamo messo oltre due ore".