Sudan, trovato il tesoro dell’ex dittatore: in casa 115 milioni di euro in contanti
I militari hanno sequestrato oltre 115 milioni di euro in casa di Omar al-Bashir, l’ex dittatore del Sudan deposto da un colpo di Stato l’11 aprile scorso. La scoperta è avvenuta durante una perquisizione in una delle residenze a Khartoum dell’ex presidente sudanese. Euro, dollari e sterline sudanesi nascosti dentro alcune valigie: una “montagna” di soldi accumulata da al-Bashir durante i suoi 30 anni di potere assoluto. Un tesoro, in un Paese dove un terzo della popolazione vive in condizioni di estrema povertà.
In un video diffuso nei giorni scorsi si vedono alcuni agenti di sicurezza mentre estraggono grosse mazzette di banconote dalle valigie: oltre 350mila dollari, 6 milioni di euro e 5 miliardi di sterline sudanesi. Per trasportare il denaro sono stati utilizzati diversi sacchi di grano da 50 chilogrammi, come hanno documentato i giornalisti di Radio Dabanga.
Dal dicembre scorso i sudanesi chiedevano con manifestazioni di piazza la rimozione di al-Bashir, e il maxi-sequestro è la conferma della corruzione del regime che li ha governati per decenni con pugno di ferro. Da parte sua, la giunta militare che ha spodestato l’ex dittatore crede che il denaro ritrovato sia solo una parte delle ricchezze di al-Bashir. Il nuovo procuratore generale, Al-Waleed Sayyed Ahmed, ha chiesto alle autorità di perquisire tutte le proprietà private degli alti funzionari del governo precedente. È stata inoltre istituita una commissione incaricata di indagare sulla corruzione e sull'uso improprio di denaro pubblico. Ahmed Haroun, il capo del partito del Congresso Nazionale di al-Bashir, l’ex primo vicepresidente Ali Osman Taha, il segretario generale del movimento islamico, Al-Zubair Ahmed Hassan, e altri uomini del deposto presidente sono finiti agli arresti.
Nel frattempo, al-Bashir è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Kobar. Dopo la scoperta del denaro, dovrà rispondere anche di riciclaggio e possesso illegale di valuta estera. Ma l’ex dittatore del Sudan è ricercato anche dalla Corte penale internazionale (CPI) con l’accusa di crimini contro l’umanità commessi nella regione del Darfur.
Le proteste continuano
Nel centro della capitale Khartoum, intanto, continuano le manifestazioni per chiedere alla giunta militare di passare le redini del potere ad un’autorità civile. I sudanesi hanno iniziato il 19 dicembre scorso a protestare contro l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e le misure di austerità messe in atto da al-Bashir. Il regime ha cercato fin da subito di reprimere il dissenso con la forza e decine di civili sono stati uccisi. I disordini nel Paese africano, però, hanno portato i militari ad intervenire e, l’11 aprile scorso, il presidente sudanese è stato deposto da un colpo di Stato.
“La nostra principale richiesta è il trasferimento del potere alle autorità civili”, ha detto Siddiq Yousef, dell'Alleanza per la libertà e il cambiamento, il gruppo che guida il movimento di protesta. “Abbiamo concordato di proseguire i negoziati – ha aggiunto Yousef – per raggiungere una soluzione che soddisfi entrambe le parti”. I manifestanti temono che l’esercito, dopo aver spodestato al-Bashir, ne prenda il posto. “La giunta militare rappresenta parte del vecchio regime e non ha intenzione di consegnare il potere ai civili”, ha ribadito Mohamed al-Amin Abdulaziz, portavoce dell'Associazione dei professionisti sudanesi (SPA). “La giunta militare di transizione è complementare alla rivoluzione – ha dichiarato invece il generale Abdel Fattah al-Burhan, a capo del nuovo governo del Sudan – e ci impegniamo a trasferire il potere al popolo”. Il maxi-sequestro di denaro avvenuto in casa dell’ex dittatore e gli arresti eccellenti chissà possano servire per il momento a placare gli animi ma, senza una svolta decisiva, la tensione in Sudan è destinata a continuare ancora.