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Stupri, sterilizzazioni ed elettroshock: 200mila bambini e adulti vittime di abusi in Nuova Zelanda

Un’inchiesta della Royal Commission of Inquiry ha accertato che tra il 1950 e il 2019 in Nuova Zelanda sono stati commessi abusi nei confronti di 200mila adulti e bambini disabili e malati ospiti di strutture statali e religiose.
A cura di Davide Falcioni
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Duecentomila bambini e adulti vulnerabili hanno subito abusi in Nuova Zelanda tra il 1950 e il 2019 mentre si trovavano in strutture gestite dallo Stato o da istituzioni religiose come orfanotrofio, ospedali o centri per disabili. È quanto emerge da un’inchiesta indipendente durata 6 anni e presentata oggi al Parlamento neozelandese secondo cui le agenzie statali e le chiese del Paese hanno fallito nel prevenire, fermare o ammettere gli abusi nei confronti di coloro di cui avrebbero dovuto prendersi cura, anche quando ne erano a conoscenza. La portata delle violenze è stata "inimmaginabile", il controllo delle istituzioni statali e religiose era poco rigoroso e i responsabili raramente hanno subito ripercussioni, ha accertato lo studio.

"Questo è un giorno buio e triste nella storia della Nuova Zelanda come società e come Stato, avremmo dovuto fare di meglio e sono determinato a farlo", ha commentato il premier neozelandese Christopher Luxon nel corso di una conferenza stampa, spiegando che le scuse ufficiali da parte del governo arriveranno il prossimo 12 novembre. L'inchiesta, tuttavia, potrebbe dare il là a centinaia di migliaia di richieste di risarcimenti nei confronti dello Stato che – secondo il primo ministro – potrebbero ammontare a miliardi di dollari.

Il premier neozelandese Christopher Luxon
Il premier neozelandese Christopher Luxon

Il rapporto della Royal Commission of Inquiry ha raccolto le testimonianze di 2.300 sopravvissuti, che hanno riferito di aver subito stupri, sterilizzazioni e pratiche cruente come l'elettroshock, con il picco delle violenze commesse negli anni '70 in particolare in strutture religiose e statali; secondo l'inchiesta le vittime sarebbero state prevalentemente disabili mentali, fisici e membri della comunità indigena Maori, mentre gli autori degli abusi avrebbero beneficiato del silenzio ultra-decennale di leader civili e religiosi, che li avrebbero sistematicamente messi al riparo dalle denunce negando ogni loro responsabilità. Secondo gli autori dell'inchiesta è una "vergogna nazionale che centinaia di migliaia di bambini, giovani e adulti siano stati abusati e abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni religiose".

Il documento della Royal Commission of Inquiry formula inoltre 138 raccomandazioni, tra cui la richiesta di scuse pubbliche al governo della Nuova Zelanda, a Papa Francesco e all'arcivescovo di Canterbury.

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