Studentesse avvelenate a scuola, Iran annuncia primi arresti ma in realtà incarcera chi protesta
Dopo settimane di accuse, polemiche e paura, le autorità di Teheran hanno annunciato pubblicamente di aver disposto i primi provvedimenti di fermo nelle indagini sulle studentesse avvelenate nelle scuole nel Paese. L’annuncio è arrivato direttamente per bocca del viceministro dell'Interno, Majid Mirahmadi, che ha parlato sulla tv di stato iraniana di un certo numero di persone arrestate in cinque diverse province in connessione con le indagini.
Il rappresentante del governo non ha voluto fornire dettagli precisi sui fermi, per cui non sono noti nomi né accuse né il numero dei fermati, assicurando solo che “le agenzie competenti stanno conducendo un'indagine completa". Secondo la dichiarazione del ministero dell'Interno, sono stati effettuati arresti nelle province di Khuzestan, Azerbaigian occidentale, Fars, Kermanshah, Khorasan e Alborz.
Intanto però la polizia ferma, picchia e arresta chi protesta contro la lunga immobilità delle autorità contro questi crimini. Secondo quanto riferito da alcune organizzazioni locali, ad esempio, leader sindacali e degli insegnanti sono stati arrestati durante gli scontri con le forze di sicurezza davanti al ministero dell'Istruzione a Teheran. In precedenza erano stati fermati giornalisti e blogger che raccontavano degli avvelenamenti in classe.
Le stesse notizie sui primi arresti connessi agli avvelenamenti in realtà sembrano andare in questa direzione. Uno degli arrestati ad esempio è accusato di aver usato il figlio per portare una sostanza irritante nella scuola, e poi di aver registrato video di studenti intossicati per mandarli a "media ostili" e "creare paura e far chiudere le scuole", si legge nel comunicato. Altri tre sospetti hanno precedenti per il coinvolgimento nelle recenti rivolte nel Paese.
Le proteste vanno avanti da quando sono emersi i primi casi per spingere le autorità a fare di più per proteggere gli studenti ma i manifestanti spesso accusano i servizi di sicurezza di aver chiuso un occhio di fronte agli estremisti religiosi che avrebbero punito le ragazze per aver preso parte al movimento di protesta nazionale per la morte di Mahsa Amini lo scorso settembre.
Per ora il governo ha continuano a tenere comportanti contraddittori tra affermazioni di condanna per chi avvelena minori ad accuse verso presunti istigatori stranieri e chi protesta e le stesse studentesse colpite, spesso additate come vittime di una forma di "isteria di massa". "In meno del cinque per cento degli studenti trasferiti in ospedale sono state trovate sostanze irritanti", ha detto lunedì il ministero dell'Interno.
Secondo i movimenti iraniani per i diritti umani i casi di avvelenamento son oltre 7mila sparsi in almeno un centinaio di scuole in almeno 99 città su 28 province del Paese. Secondo la commissione parlamentare d'inchiesta, invece i casi sarebbero circa 5mila con Venticinque province e circa 230 scuole interessate.