Stretto di Hormuz, forte tensione tra Iran e Stati Uniti
Non si chiude certo pacificamente il 2011, anzi il 2012 mostra di avere in sé già tutte le premesse perché, nei prossimi mesi, la situazione internazionale continui ad essere caratterizzata dalle sue strutturali instabilità. Lo schema, ormai, è noto a tutti: l'Iran alza la voce, gli Stati Uniti reagiscono duramente, l'Europa ammonisce e sanziona e poi gli animi si placano temporaneamente lasciando come conseguenza l'ennesimo rincaro del petrolio condizionato dalle allarmanti notizie che circolano.
Anche questa volta, dunque, il delicatissimo equilibrio che con fili impercettibili tiene fermi i rapporti tra Stati Uniti ed Iran sembra essere sotto minaccia; e il mondo ricomincia a guadare verso Oriente con una certa preoccupazione. Già diverse settimane fa la pubblicazione di un rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica sullo stato della costruzione di armi nucleari in Iran aveva destato una notevole preoccupazione a Washington e in tutto il mondo occidentale; e la smentita immediata del Presidente Mahmud Ahmadinejad non aveva certamente sortito alcun effetto rassicurante.
Poi, l'attacco all'ambasciata britannica di Teheran ha notevolmente contribuito a scaldare gli animi anche al di qua dell'Oceano, presumibilmente persuadendo l'Europa della pressante necessità di imporre all'Iran un embargo sulle esportazioni petrolifere; benché negli ultimi anni siano state numerose le sanzioni rivolte contro il paese su settori chiave quali l'energia, i trasporti, le banche e, in generale, i commerci e le transazioni finanziarie, il greggio non era stato ancora toccato. Ma le ultime misure varate dal Senato americano a novembre potrebbero letteralmente far collassare l'intero paese, andando a colpire il fulcro dell'economia, ovvero la vendita del petrolio.
Tensione alle stelle, dunque, che pochi giorni fa si è manifestata nelle minacce partite da Teheran di chiudere lo stretto di Hormuz, nel caso in cui dovessero giungere nuove sanzioni da Europa ed Usa; secca la risposta del Pentagono che ha fatto sapere che il blocco «non sarà tollerato». Il braccio di mare che divide l'Iran dalle coste della penisola araba è uno snodo fondamentale per il transito del 20% del totale dei trasporti mondiali di greggio, unica via di accesso al mare aperto per i grandi esportatori, passaggio in cui è necessario che sia garantito il libero scambio delle merci.
La marcia indietro appena accennata il giorno successivo da Teheran, poco convinta o poco convincente, decisamente non è servita a calmare una situazione già indiscutibilmente compromessa in cui l'Iran sembra sempre più profilarsi come il nuovo nemico numero uno dell'Occidente. In questo contesto di agitazione, la notizia diffusa dalle autorità iraniane dell'avvistamento di una nave da guerra americana in un'area in cui si stavano svolgendo delle esercitazioni militari, sta facendo temere per la sorte della zona strategica, indispensabile per i traffici occidentali.
La portaerei a propulsione nucleare USS John Stennis sarebbe stata identificata da un aereo di ricognizione; sebbene le autorità statunitensi abbiano sottolineato che lo spostamento era già programmato da tempo e debitamente comunicato, la Marina iraniana ha immediatamente mostrato i denti: «In linea con il diritto internazionale, siamo pronti a confrontarci con i trasgressori che ignorino i perimetri i sicurezza imposti per le esercitazioni».
Se qualche giorno fa l'Iran dichiarava che chiudere Hormuz sarebbe stato facile «come bere un bicchiere d'acqua» la verità è che la situazione è ben diversa: la massiccia presenza statunitense nel golfo, con la quinta flotta di stanza in Bahrain, certamente non renderebbe l'impresa rapida ed indolore, come annunciato. Quel che è vero, tuttavia, è che con il gioco di provocazioni continuo l'Iran riesce, quanto meno, a mettera paura anche ai giganti.