Strage in Texas, perché in America è impossibile cambiare la legge sulle armi libere
"Sono felice che mi abbia chiamato per un commento ma allo stesso tempo sono depresso perché queste cose le dico ormai tutti gli anni a ogni strage. E la realtà non cambia". A parlare è Gregory Alegi, docente del Dipartimento di Scienze Politiche di Storia delle Americhe dell'Università Luiss di Roma, a proposito della strage di Uvalde in Texas, dove Salvador Ramos, 18 anni, ha ucciso 19 bambini e 2 insegnanti dopo aver fatto irruzione alla Robb Elementary School ed poi è stato ucciso dalla polizia. Si tratta dell'ennesimo massacro verificatosi in una scuola americana: quella avvenuta in Texas sembra avere moltissime similitudini con la strage del 14 dicembre del 2021 nella scuola elementare Sandy Hook di Newton, in Connecticut, che a tutt'oggi resta la strage con il più alto numero di persone uccise in una scuola elementare americana, e la quarta più tragica in assoluto negli Stati Uniti.
Prof. Alegi, anche secondo lei la responsabilità di quello che è successo in Texas è della lobby delle armi?
"Ci sono due aspetti da considerare. In tutti i paesi ci sono persone con disagio mentale e in tutti i paesi ci sono le armi, però solo negli Stati Uniti si incontrano così facilmente. Quello che c'è dietro, però, è che il problema è esclusivamente politico e non è di lobby delle armi come ha detto con comprensibile sdegno il presidente Biden. Purtroppo, se andiamo a vedere i fatturati, le armi leggere personali in realtà costano poco e in una economia come quella americana, vale a dire in un paese che sta inviando 50 miliardi di dollari di aiuti in gran parte militari all'Ucraina, contano davvero poco".
Cosa intende quando parla di problema politico?
"Il problema è secondo me la lettura estremista del secondo emendamento della Costituzione, che recita: "Una milizia ben organizzata è necessaria alla sicurezza di uno Stato libero e dunque il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere violato". Nella visione dei padri fondatori, il diritto di portare armi a livello individuale equivaleva a quello del popolo armato perché il popolo in armi è l'esercito del Paese per difendersi contro l'invasore. Nella lettura attuale, invece, dalla sentenza Miller del 2008, è diventato il diritto estremo ed assoluto del singolo di armarsi come vuole e addirittura contro lo Stato. E quest'idea viene alimentata in particolare dalla Destra americana che vede nelle armi non solo un mezzo di difesa passivo e attivo ma addirittura un mezzo contro lo Stato. Di conseguenza la maggioranza del partito repubblicano non osa fare nulla e blocca qualsiasi tentativo di riforma. Ovviamente poi la lobby delle armi fruisce di questa situazione, ne cavalca l'onda, ma il motore primo è la lettura distorta di quell'emendamento".
Perché la Destra conta così tanto sulle armi?
"Ne hanno fatto un elemento di identità, è un articolo di fede, che li definisce. È come il discorso dell'identità cristiana, o meglio evangelica, che loro estremizzano facendola diventare discriminatoria verso i non cristiani. Basti pensare che la potentissima NRA (National Rifle Association), che 50 anni fa era una associazione di appassionati di caccia e tiro, è diventata un partito politico di destra che pubblica ogni anno tabelle con i voti ai politici amici delle armi. Nei sondaggi la maggioranza dei cittadini tutt'ora vorrebbe una forma di regolamentazione delle armi solo che, con l'assegnazione di due senatori per Stato a prescindere dalla popolazione, nella realtà prevale l'ignoranza favorevole alle armi. Con il Senato letteralmente spaccato a metà non è possibile avere la maggioranza di due terzi e quindi evitare l'ostruzionismo. Questa cosa non risolverà. Ed è di una tristezza unica. Si potrebbe anche fare qualche piccolo correttivo di tipo amministrativo ma si fa fatica pure su quello, per esempio si potrebbero impedire gli acquisti online o di parti smontate di armi, o ancora di verifica di requisiti minimi. Noi come europei troviamo incomprensibile questo aspetto della cultura americana. Anche la Corte suprema a maggioranza conservatrice negli ultimi 20 anni ha letto quello che era un diritto di difesa collettivo del popolo verso l'estero come un diritto individuale all'armamento illimitato".
Quanto influisce la questione razziale in queste stragi di massa?
"Gli Usa hanno problemi razziali, o meglio etnici, giganteschi. Ci sono tensioni grosse sia dal lato dei bianchi, che temono di diventare minoranza, sia dal lato delle attuali minoranze in cui il senso di oppressione e sfruttamento può portare a cercare nelle armi lo sfogo. In realtà, io non sono sicuro che la causa sia razziale quanto da ricercare nel disagio sociale che per ciascuno di noi è diverso ma che per molti di loro finisce per essere canalizzato sulla violenza. Anche nelle cronache italiane abbiamo letto in questi giorni di omicidi e altri fatti di sangue, ma mentre da noi se qualcuno si arrabbia in casa trova il coltello, lì hanno il mitra, cioè armi potentissime che moltiplicano i propri effetti".