Strage dei 43 studenti in Messico, svolta clamorosa: “Sono stati esercito e polizia”
La scomparsa e uccisione dei 43 studenti della scuola agraria Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa la notte del 26 settembre 2014 ha subìto una svolta clamorosa. Dopo più di un anno di lavoro, i risultati delle analisi dei ventisei esperti della Commissione internazionale hanno dato un colpo fatale alla "verità storica".
Ad uccidere gli studenti non sono stati i temibili narcos del gruppo Guerreros Unidos- come aveva indicato in un primo momento la magistratura messicana – bensì la polizia federale con la complicità di membri dell’esercito. Nel rapporto di 608 pagine il gruppo interdisciplinare di esperti internazionali (IMCI) mette in discussione le indagini svolte dall'ufficio del procuratore generale, Jesús Murillo Karam. Le accuse sono pesanti: gli inquirenti avrebbero fabbricato una versione di comodo per coprire le responsabilità degli apparati di sicurezza sulla strage degli studenti.
Secondo la ricostruzione della magistratura messicana, la notte del 26 settembre del 2014 i giovani studenti arrivarono nei pressi di Iguala – nello Stato di Guerrero – dove furono intercettati e bloccati da uomini armati appartenenti alla gang criminale Guerreros Unidos. I ragazzi sarebbero stati confusi con un gruppo di narcotrafficanti rivali (Los Rojos). Dopo la loro cattura, i banditi su ordine del sindaco di Iguala e della moglie – implicati fin da subito per le loro complicità con i narcos – furono uccisi in una discarica di Cocula e le ceneri gettate nel fiume San Juan. Ma le successive ricerche non hanno permesso di trovare riscontri che confermassero questa descrizione dei fatti. Finora è stato possibile il riconoscimento di uno solo dei ragazzi scomparsi, Alexander Mora Venancio. I resti dei suoi compagni non sono ancora stati trovati e continuano pertanto ad essere considerati dei "desaparecidos".
La ricerca della verità da parte dei familiari degli studenti uccisi non si è mai fermata. Sono stati proprio i parenti delle vittime a chiedere un’indagine indipendente. E ora, grazie al lavoro degli esperti internazionali, le conclusioni ufficiali subiscono un duro colpo. Quello che emerge dalla relazione è un atto d’accusa nei confronti dello stesso governo di Enrique Peña Nieto, responsabile di voler insabbiare il caso. Nel rapporto si legge infatti che, da parte delle autorità, ci sono stati “evidenti tentativi di imporre la versione ufficiale”, negando l’accesso alle prove raccolte o non prendendo in considerazione altre piste che avrebbero portato ad individuare i veri mandati. “Non sono stati semplici ostacoli, ma vere e proprie barriere al nostro lavoro”, hanno dichiarato gli inquirenti indipendenti.
Il gruppo di esperti è giunto alla conclusione che durante l’aggressione agli studenti parteciparono sia membri dell’esercito sia la polizia federale. Le forze di sicurezza – si legge nella relazione – erano presenti nei luoghi dove venne consumata la strage e non avrebbero mosso un dito per evitarla. E anche i sopravvissuti hanno raccontato che furono propri i militari a sequestrare i loro compagni e a consegnarli poi ai loro carnefici. Gli inquirenti internazionali mettono in dubbio anche il fatto che i corpi dei ragazzi siano stati bruciati nella discarica di Cocula: l’incendio dei corpi – denunciano – sarebbe durato diversi giorni, cosa impossibile visto la pioggia che cadeva in quei giorni in città, secondo i dati del servizio meteorologico nazionale.
Nonostante le autorità messicane cerchino di difendere il loro operato – sono stati arrestati 123 sospetti: 54 agenti della polizia locale di Iguala, 19 della città di Cocula e 50 membri del clan dei Guerroros Unidos – la morte degli studenti della scuola agraria di Ayotzinapa getta pesanti ombre sul governo di Enrique Peña Nieto.
I familiari delle vittime hanno già annunciato che proseguiranno nella loro lotta per conoscere la verità. “Non abbiamo molta fiducia che il governo prenda in considerazione le conclusioni del gruppo di esperti internazionali”, hanno detto nel corso di una conferenza stampa. “Chiediamo che venga fatta piena luce sul caso per verificare le responsabilità dell’esercito sull'uccisione dei nostri parenti”, hanno concluso. L’ipotesi che alla fine prevalga una verità di comodo sono reali: la commissione internazionale ha deciso di lasciare il Messico in quanto il governo ha negato il permesso a proseguire le indagini. L’orrore di quella notte a Iguala sembra non conoscere fine e il caso resta aperto.