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Conflitto Israelo-Palestinese

“Stop armi a Israele e gruppi armati palestinesi”: l’appello di 16 organizzazioni umanitarie

Sedici organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, tra le quali Amnesty International, Oxfam e Save the Children, hanno chiesto lo stop immediato dei trasferimenti di armi, componenti e munizioni a Israele e ai gruppi armati palestinesi.
A cura di Davide Falcioni
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Interrompere immediatamente i trasferimenti di armi, componenti e munizioni a Israele e ai gruppi armati palestinesi, dato il rischio che vengano utilizzati per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. È l'appello lanciato oggi alla comunità internazionale da 16 organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, tra le quali Amnesty International, Oxfam e Save the Children.

I raid israeliani e l'assedio a Gaza hanno causato oltre 25mila vittime accertate, stanno privando la popolazione civile della Striscia delle risorse indispensabili per sopravvivere e stanno rendendo inabitabile il territorio. Attualmente, la popolazione civile gazawi sta affrontando una crisi umanitaria di gravità e dimensione senza precedenti. A loro volta, gli attacchi condotti dai gruppi armati palestinesi hanno causato l'uccisione di circa 1.200 civili e la cattura di ostaggi, israeliani e non, bambini compresi, oltre 130 dei quali tuttora trattenuti all'interno della Striscia di Gaza.

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Per questo organizzazioni umanitarie, gruppi per i diritti umani, funzionari delle Nazioni Unite e oltre 153 Stati membri chiedono un immediato cessate il fuoco. "Israele, tuttavia, continua a usare armi e munizioni esplosive in zone densamente popolate di Gaza – si legge nell'appello – con terribili conseguenze per la popolazione. I leader mondiali hanno sollecitato Israele a ridurre il numero delle vittime civili, ma le operazioni militari israeliane a Gaza continuano a causare un numero di vittime senza precedenti, come recentemente segnalato dal Segretario generale delle Nazioni Unite".

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Alla luce di questa situazione le 16 organizzazioni umanitarie ricordano che gli Stati membri dell'ONU "hanno la responsabilità giuridica di usare tutti i mezzi possibili per pretendere una migliore protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario. L'unica speranza per Gaza, ossia una risposta umanitaria finanziata a livello internazionale, è impedita in questo momento dall'intensità dei combattimenti: i convogli di aiuti sono presi di mira, ci sono frequenti blackout delle comunicazioni, le strade sono danneggiate, sono imposte limitazioni alle forniture essenziali, è quasi del tutto vietato l'ingresso di prodotti commerciali e ci sono procedure burocratiche da superare per portare aiuti all'interno di Gaza. Le azioni militari israeliane hanno distrutto una parte rilevante delle case, delle scuole, degli ospedali, delle infrastrutture idriche, dei rifugi e dei campi per rifugiati della Striscia di Gaza. I bombardamenti indiscriminati in corso e i danni sproporzionati che causano regolarmente ai civili sono inaccettabili".

Gaza, dunque, oggi è il luogo più pericoloso al mondo per i bambini, i giornalisti e gli operatori umanitari, un luogo in cui anche gli ospedali e le scuole sono diventati obiettivi dei raid. Alla luce di ciò secondo le organizzazioni umanitarie il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deve adempiere alla sua responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza a livello globale, adottando misure che fermino i trasferimenti al governo israeliano e ai gruppi armati palestinesi e che impediscano, subito e in maniera efficace, la fornitura di armi che rischiano di essere usate per compiere crimini secondo il diritto internazionale. "Tutti gli Stati hanno l'obbligo di prevenire i crimini di atrocità e di promuovere il rispetto delle norme che proteggono i civili. È da tempo che la comunità internazionale deve tener fede a questi impegni".

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