“Spero l’Ucraina resista”: parla Leonid Gozman, intellettuale dissidente nella Russia di Putin
Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia
È “entusiasta dell’eroismo dell’Ucraina” e chiama i suoi concittadini alla “resistenza contro il regime”. Non per sperare di abbatterlo ma per “preservare la dignità e prepararsi alla costruzione di una nuova Russia”. Perché “prima o poi Putin non ci sarà più”. Leonid Gozman, 71 anni, psicologo, intellettuale e politico russo, è il presidente del movimento di opposizione “Unione della forze di destra”. Orientamento liberal-conservatore. Fin dal 2014 critica in modo feroce la politica e l’azione militare di Mosca nei confronti dell’Ucraina. Nel gennaio 2022 ha firmato una petizione contro la guerra che sentiva arrivare. Oggi chiede pubblicamente l’impeachment del presidente. “Per il Cremlino sono un nemico”, rivendica con fierezza: “L’Fsb (il servizio per la sicurezza interna erede del Kgb sovietico, ndr) ha parecchi file su di me”, dice con nonchalance quando lo incontriamo in un bar sulla Paveletskaya, nel centro di Mosca.
Leonid Yakovlevich, lei ha appena chiesto per iscritto ai parlamentari russi di avviare le procedure costituzionali per rimuovere Putin. Cosa spera di ottenere?
Niente. Non lo faranno, anche se è il loro dovere. E io, però, ho il dovere di pretenderlo. Anche perché, almeno in teoria, questo Paese ha ancora una costituzione.
Se lo aspettava che Putin lanciasse la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina?
Certo che me lo aspettavo. Nelle settimane precedenti all’attacco, in molti hanno scritto che era impossibile, che Putin mica è così fuori di testa (“mica mangia il sapone”, spiega Gozman usando un detto russo, ndr). Io invece ho sempre sostenuto che l’avrebbe fatto e come. Anche se speravo proprio di sbagliarmi.
Lei è uno psicologo. Che è successo nella testa del presidente?
Di sicuro Putin non è pazzo. È perfettamente sano. È intelligente. Ma ha creato attorno a sé un mondo artificiale. Non vive nella realtà. Vive una sua vita fatta di sogni. E non ha alcun feedback, da molti anni. Ciò è molto pericoloso. Per capirsi: se il primo ministro italiano nel suo ufficio accende il televisore, può vedere quel che succede fuori. Invece quando Putin accende il televisore vede solo quello che i suoi collaboratori ordinano di far vedere in tivù.
La sindrome del dittatore…
Negli ultimi due anni, poi, si è completamente isolato. Vive in uno spazio asettico e solitario. Putin è un uomo solo. Così sogna di eventi storici: di Lenin che ha “creato l’Ucraina” (il riferimento è al discorso con cui il presidente russo ha “giustificato” l’intervento militare, ndr), della crudeltà della Nato, dell’occupazione dell’Europa da parte degli americani, e così via. La sua vita è questa. Ed è piena di stupide idee come queste.
Putin vuole un ritorno all’Unione Sovietica?
No. Lui crea un suo mondo fittizio. Un mondo che è erede dell’Urss. Ma anche dell’impero dei Romanov, di Alessandro III, di Nicola I e di Ivan il Terribile (tre zar particolarmente reazionari, ndr).
È ossessionato dalla storia…
In un certo senso ha anche ragione a dire che abbiamo bisogno di valori tradizionali. Ma il principale di questi valori “russi” secondo lui è la samovlastye, il potere di una sola persona. Un potere che vale a tutti i livelli. Nella famiglia, per esempio, il padre è il padrone assoluto. Per questo motivo in Russia non abbiamo leggi contro la violenza in famiglia: se sono il capofamiglia, posso picchiare chi mi pare. E per lo stesso motivo in Russia non abbiamo i sindacati: il proprietario o il manager dell’azienda è una specie di padre. Come succedeva prima del 1861 (quando lo zar Alessandro II emancipò i servi, ndr): il proprietario terriero era il “padre” dei contadini. Al livello più alto, quindi, tutti devono dipendere dal capo della nazione – che si chiami zar, khan o presidente. Così in Russia non abbiamo né un parlamento indipendente né un sistema giudiziario indipendente né media indipendenti. E la “tradizione russa”. Putin non cerca di tornare all’Unione Sovietica. Cerca di tornare a quel sistema.
E in un sistema del genere non c’è spazio per i dissidenti. Non c’è spazio per gente come lei.
Infatti io sono considerato un nemico. Tutti quelli che la pensano diversamente da Putin sono nemici.
Che cosa possono fare i russi che dicono di no? Protestare è ormai troppo pericoloso. In molti stanno lasciando il Paese.
Chi può davvero mettere una pietra sopra al nostro regime sono i soldati ucraini. E sono sulla strada giusta per farlo. Mi entusiasma, l’eroismo dell’Ucraina, dei suoi soldati e del suo presidente. Negli ultimi vent’anni non abbiamo avuto molto di cui entusiasmarci, in Russia.
Ma voi russi, che potete fare?
Non possiamo fermare Putin. Possiamo far di tutto, anche rischiare la nostra vita. Ma non possiamo fermarlo. È impossibile. Però dobbiamo capire che Putin non è per sempre. Hitler non è stato per sempre, Stalin non è stato per sempre. Putin non farà eccezione. Quando non ci sarà più – che muoia, che venga ucciso o che comunque sparisca come leader politico – il sistema che ha creato non durerà. Non è come il regime comunista, che alimentò l’illusione di una sua esistenza eterna: quando un segretario generale del partito moriva, sapevamo che sarebbe arrivato un altro segretario generale. Potevamo tutt’al più sperare o pregare che il nuovo segretario generale non fosse così stupido come il precedente, ma non c’era scelta.
Il dopo Putin sarà diverso, non ci sarà un nuovo presidente putinista?
Il suo è un regime personalistico. Non può esistere senza Putin. Non si è inventata alcuna leggenda che ne giustifichi la permanenza dopo di lui. Quindi, quando se ne sarà andato, noi russi avremo la possibilità di costruire un nuovo Paese. Perché Putin lascerà solo rovine. Ci dobbiamo preparare a quel momento: alla ricostruzione della nazione. Come fecero i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale. Ci fu l’aiuto finanziario dell’America. Ma la Germania moderna la ricostruirono i tedeschi: gli Adenauer, gli Herzog e milioni di cittadini di cui non conosciamo il nome. Ci riuscirono. Questo sarà il compito per i russi nel prossimo futuro. Per prepararci, forse la cosa più importante è mantenere e proteggere la nostra dignità. Per costruire un nuovo Paese ci vuole dignità. E per proteggere la nostra dignità dobbiamo resistere. Non perché crediamo che questa resistenza sarà vittoriosa. Saremo sconfitti. Ma dobbiamo resistere. Per rispettare noi stessi.
Lei all’inizio dell’ “operazione militare” è sceso in strada con un cartello in cui diceva “no” al conflitto e invitava Putin a dimettersi.
Non pensavo certamente di poter fermare la guerra e sfrattare Putin dal Cremlino. E sapevo che rischiavo l’arresto. Ma era necessario farlo. Per me. E anche per gli altri: chi mi ha visto magari ha pensato “c’è qualcuno che non ha paura, quindi non si deve per forza aver paura”. Non c’è molto altro che possiamo fare. Mi viene in mente Viktor Frankl (psichiatra e filosofo austriaco sopravvissuto all’Olocausto, ndr), che ho avuto l’onore di frequentare. Viktor diceva che anche nel campo di concentramento c’è un’ultima libertà: quella di avere un’immagine di sé stessi, di avere un’etica. Ed è molto importante salvaguardarla, questa ultima libertà.