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Sono già fuori dal carcere i torturatori della sposa-bambina

Afghanistan: i tre torturatori condannati a dieci anni per aver seviziato una bimba che rifiutava di prostituirsi rimessi in libertà. Protestano le organizzazioni per i diritti delle donne. Per la corte suprema la violenza in famiglia è passibile di pene più leggere.
A cura di Redazione
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Avrebbero dovuto scontare dieci anni di reclusione, sono fuori dopo appena un anno di carcere i tre afghani condannati per aver torturato per sei mesi una sposa-bambina che rifiutava di prostituirsi. Un caso che aveva determinato un'ondata mondiale di indignazione. E ora i tre protagonisti di quella violenza sono stati rimessi in libertà dopo un anno di carcere. La decisione ha suscitato le proteste delle organizzazioni per i diritti delle donne. Il fatto risale al 2011: Sahar Gul, all'epoca 15enne, era stata segregata nella cantina della casa del marito a Baghlan.

Barbaramente seviziata, con segni di bruciature e con le unghie strappate, incapace perfino di camminare. Nel maggio dell'anno successivo i suoceri e la cognata erano stati condannati a dieci anni di carcere, mentre il marito della ragazza, accusato di tortura, è ancora latitante. "La corte ha riesaminato il caso e i condannati sono colpevoli sono di violenze famigliari" fatti passibili di una pena più leggera, ha dichiarato un portavoce della Corte suprema.

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