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Soldati israeliani irrompono in studi di Al Jazeera in Cisgiordania, cacciano tutti e saldano le porte

L’ingresso all’area di lavoro di Al Jazeera a Ramallah è stato completamente sigillato con porte di ferro saldate. La chiusura con l’accusa di “incitare al terrore” e “sostenere attività terroristiche”. “Accuse false e un affronto alla libertà di stampa” ribattono dall’emittente araba.
A cura di Antonio Palma
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Soldati dell'esercito israeliano armati e in parte incappucciati hanno fatto irruzione negli studi di Al Jazeera a Ramallah, in Cisgiordania, e ne hanno ordinato l’immediata chiusura, cacciando via tutti e sigillando gli ingressi con pesanti lastre di ferro saldate. Il blitz è avvenuto domenica mattina ed è stato immortalato in diretta dalle telecamere dell’emettente araba.

Nel video trasmesso da Al Jazeera si vedono i soldati dell’Idf entrare negli uffici dell’emittente in assetto da guerra con fucili mitragliatori in pugno, accolti poi da uno dei responsabili a cui viene dato un ordine immediato di chiusura e sgombero dei locali. Come spiega uno dei militari, l’ordine di chiusura emesso delle autorità israeliane è valido per 45 giorni.

La scena è stata ripresa dalle telecamere prima che venissero spente dagli stessi soldati. "Avevo gli occhi pesanti e stavo quasi dormendo quando all'improvviso li ho visti sfondare la porta principale", ha raccontato alla Cnn una guardia di sicurezza. Come ha chiarito l’emittente, dopo aver letto in diretta l'ordine militare, ai membri dello staff sono stati dati solo dieci minuti per prendere i propri effetti personali e le macchine fotografiche e lasciare l'ufficio.

L'ingresso all'area di lavoro di Al Jazeera è stato poi completamente sigillato con porte di ferro saldate. L'esercito israeliano ha affermato di aver iniziato a far rispettare l'ordine di chiusura degli uffici dopo che una valutazione dell'intelligence ha concluso che venivano utilizzati per "incitare al terrore" e "sostenere attività terroristiche".

Al Jazeera ha respinto fermamente questa accusa in una dichiarazione, condannando le “accuse infondate” utilizzate dalle autorità israeliane per compiere quello che ha descritto come “un atto criminale” e “un affronto alla libertà di stampa”. “Il giornalismo non è un crimine” ha dichiarato il redattore capo Mohamed Moawad.

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