“Situazione drammatica, venga liberato”: l’appello della famiglia di Alberto Trentini arrestato in Venezuela
"Nel pieno rispetto della sovranità territoriale del governo bolivariano e senza voler interferire nella diplomazia delle relazioni tra Italia e Venezuela, invochiamo l'attenzione di tutte le Istituzioni dei due Paesi circa la drammatica situazione di Alberto Trentini e chiediamo la sua liberazione affinché possa tornare a casa e all'affetto dei suoi familiari e amici".
Comincia così la nota con la quale i familiari di Alberto Trentini, il cooperante italiano della Ong Humanity e Inclusion arrestato lo scorso novembre nel Paese sudamericano dove si trovava per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità, hanno rivolto un appello affinché il giovane torni a casa.
Assistiti dall'avvocata Alessandra Ballerini hanno sottolineato che "Alberto è un cooperante e proprio questa sua missione umanitaria in Venezuela deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia. Lo chiediamo con forza e speranza. La tradizione di familiarità tra Italiani, una delle più importanti comunità nel paese sudamericano, e Venezuelani impone questo segnale di pacificazione".
Nelle scorse ore è stata lanciata anche una petizione online per il rilascio di Trentini sulla piattaforma change.org da amici dell'operatore umanitario veneziano. A promuovere la raccolta di firme, che dai ieri ha già messo insieme oltre tremila adesioni, è un'amica di trentini, Maria Giulia Palazzo. "A quasi due mesi dal fermo – si legge nella petizione – non è stato ancora possibile verificare le sue condizioni di detenzione e di salute fisica e mentale. Chiediamo alle istituzioni italiane, europee e alle Nazioni Unite il massimo impegno e di agire con urgenza per ottenere il suo rilascio immediato e la piena tutela dei suoi diritti fondamentali; assicurare regolare assistenza consolare, legale e medica; permettere contatti regolari con i familiari, avvocati e rappresentanza consolare. Alberto si trovava in Venezuela per svolgere il suo lavoro come operatore umanitario sul campo, una missione che negli ultimi vent'anni lo ha visto impegnato con professionalità e dedizione. Ribadiamo con forza – concludono i promotori – il principio fondamentale della protezione degli operatori umanitari ovunque nel mondo".