Siria, Onu chiede tregua umanitaria di 48 ore: “Ad Aleppo in 2 milioni senza luce e acqua”
Ad Aleppo oltre due milioni di civili sono senza acqua e luce a causa dei bombardamenti degli ultimi giorni. L'allarme è lanciato dall'Onu, secondo cui sia nelle zone sotto il controllo dei ribelli, sia sotto quelle sotto l'influenza dei governativi il conflitto ha interrotto la rete idrica e quella elettrica. Per questo motivo le Nazioni Unite hanno chiesto una tregua umanitaria di 48 ore, per consentire la riparazione degli impianti e ricostituire le scorte di cibo e medicinali. A lanciare l'appello un ufficiale delle Nazioni unite per gli aiuti umanitari in Siria, Yacoub el Hillo, e il coordinatore regionale Kevin Kennedy: "L'Onu è pronta ad assistere la popolazione civile di Aleppo, una città ormai unita nella sua sofferenza. Come minimo, le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco totale oppure oppure 48 ore alla settimana di pause umanitarie per raggiungere i milioni di persone bisognose in tutta Aleppo e ricostituire le scorte di cibo e medicine, che stanno pericolosamente esaurendo".
In questo momento ad Aleppo ci sono due milioni di persone che vivono nella costante paura di rimanere sotto assedio. Circa 275.000 di loro sono intrappolate nella zon est della città, controllata dai ribelli. Da quando a metà luglio le forze governative avevano preso il controllo della strada del castello – unica via di rifornimento per i ribelli – nei distretti orientali il cibo era diventato sempre più scarso e caro. Una controffensiva dei ribelli aveva poi tagliato l'accesso principale dei governativi alla parte sud di Aleppo. La conseguenza è che non ci sono strade sicure per i civili. Secondo l'Onu "quando vengono utilizzate per privare intenzionalmente persone di cibo e altri beni essenziali per la loro sopravvivenza, le tattiche di assedio costituiscono un crimine di guerra".
Dalla fine di luglio a oggi, il conflitto ha causato la morte di almeno 130 civili e il danneggiamento delle reti elettriche e idriche, nonché di ospedali e cliniche. L'ultimo in ordine di tempo ha riguardato un presidio sostenuto da Medici senza frontiere – Msf nella città di Millis, nella provincia di Idlib. L'ospedale, che serviva una popolazione di circa 70 mila persone ed era specializzato in pediatria, è stato distrutto da un bombardamento aereo sganciato lo scorso 6 agosto intorno alle 14 ora locale. Le vittime sono tredici: quattro membri dello staff e altre nove persone, tra cui cinque bambini e due donne. Feriti altri sei membri dello staff.
L'edificio è stato praticamente distrutto: divelte e crollate la sala operatoria, l'unità di terapia intensiva, il reparto pediatrico. Sono andati persi anche l'80% dei dispositivi medici, le ambulanze e il generatore. A Millis si era raccolto un gran numero di sfollati, fuggiti ai combattimenti che imperversano nel nord del paese. Per questo anche dalle aree circostanti alla cittadina accorrevano all'ospedale, che serviva tra cure d'urgenza e consultazioni circa 250 pazienti al giorno. Tra questi molte donne e bambini. Secondo la dottoressa Silvia Dalla Tommasina, coordinatore medico delle operazioni di Msf in Siria nord-occidentale "il bombardamento diretto di un altro ospedale in Siria è vergognoso. Dobbiamo ammirare il coraggio e la dedizione dei medici siriani che continuano a lavorare nel mezzo di un conflitto in cui gli ospedali vengono colpiti regolarmente e sentiamo con forza il dovere di supportarli nel loro lavoro quotidiano per salvare vite umane". Ogni volta "che un ospedale viene distrutto, in modo mirato o in attacchi indiscriminati contro le aree civili, molti altri siriani vengono privati di una cruciale ancora di salvezza per ricevere cure mediche e sopravvivere. Alcuni ospedali forniscono cure di prima linea ai feriti di guerra, altri forniscono cure di prima linea a donne con gravidanze difficili. Tutti sono fondamentali per salvare vite umane". Lo scorso 29 luglio un ospedale pediatrico di Save the children era stato colpito e distrutto da un bombardamento aereo sempre nella provincia di Idlib; mentre qualche giorno prima ben sette ospedali da campo e una banca del sangue sono stati colpiti dalle bombe lanciate da caccia russi e da quelli dell'aviazione del regime di Bashar al Assad.
Secondo l'Osservatorio siriano dei diritti umani, dall'inizio del conflitto nel 2011, la guerra in Siria ha causato più di 290 mila morti. Il bilancio fatto dall'Ong è di 292.817 vittime al 31 luglio, di cui 84.472 civili (tra cui 14.711 bambini), 50.548 combattenti ribelli e dell'alleanza arabo-curda delle Forze democratiche siriane, e 49.547 jihadisti. Le forze del regime di Assad hanno perso 104.656 uomini. Tra le persone morte, secondo l'Osservatorio 3.594 non sono state ancora identificate.