Siria, Muhammad e gli altri: “Il raid? Uno show inutile, Assad continuerà a ucciderci”
“Missione compiuta”, ha scritto trionfante su Twitter il presidente americano Trump dopo l’attacco alla Siria di sabato scorso. “I raid missilistici lanciati in risposta al presunto attacco con armi chimiche hanno inviato un messaggio forte alla Siria, la Russia, all'Iran”, ha ribadito Sarah Sander, portavoce della Casa Bianca. Intanto al Pentagono, il tenente generale Kenneth F. McKenzie affermava che Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno lanciato più di 100 missili, dando un colpo al "cuore" all'arsenale di armi chimiche della Siria.
Dopo oltre sette anni di guerra, in cui il mondo ha assistito impotente alla morte di oltre 400.000 civili, uccisi dai barili bomba, dal fuoco dell’artiglieria o nei raid aerei, e persino con armi chimiche (qui la lista compilata dall'Onu con tutti gli attacchi avvenuti in Siria con sostanze proibite), le potenze occidentali hanno deciso di reagire alla strage avvenuta a Douma il 7 aprile scorso dove hanno perso la vita più di 40 persone, tra cui molte donne e bambini. Dopo il raid missilistico, però, il presidente francese Macron si è affrettato a dire che la Francia non è in guerra con la Siria, mentre la premier britannica Theresa May ha precisato che l’obiettivo dell’attacco non era un cambio di regime. Insomma, Assad è stato punito per aver oltrepassato la famosa “linea rossa”, ovvero l’uso di armi proibite, ma, sembrano sottintendere Usa, Regno Unito e Francia, i siriani possono continuare ad essere uccisi con altri mezzi senza che ci sia una risposta internazionale.
Al di là delle logiche geopolitiche, cosa ha significato l’operazione militare per i siriani contrari a Bashar al Assad? Cosa succederà adesso nel loro martoriato Paese? Fanpage.it ne ha parlato con Muhammad, Firas e Rami.
Muhammad Najem ha 15 anni. Attraverso i social network, con il linguaggio tipico della sua età, questo ragazzo siriano ha mostrato al mondo la distruzione nella Ghouta orientale. La sua foto con la bocca e il naso tappati per denunciare un attacco con gas cloro è diventa virale e il suo messaggio è stato raccolto da migliaia di persone. Pochi giorni fa, Muhammad, come migliaia di altri abitanti della Ghouta, è salito su uno degli autobus messi a disposizione dal governo siriano e ha lasciato la sua città. Adesso vive ad Idlib, capoluogo della provincia settentrionale che presto potrebbe essere il teatro di feroci combattimenti.
“L’attacco delle tre potenze occidentali non è stato di nessuna utilità. Per tutte le persone che sono state costrette a lasciare la Ghouta e adesso vivono come sfollati, il raid è arrivato troppo tardi, dopo innumerevoli massacri e crimini di ogni tipo. Vogliamo che Assad venga fermato per aver provocato il caos in Siria. Ma questo è il vero problema: nessuno è in grado di farlo perché è protetto dalla Russia. Voglio chiedere ai Paesi che hanno effettuato l'attacco: ʽNon accettate la nostra morte con armi chimiche però permettete che siamo uccisi da missili, proiettili e barili bomba?”
Firas Abdullah è un giovane giornalista free-lance di 24 anni. Come Muhammad, anche lui è diventato, suo malgrado, il testimone dell’offensiva lanciata da Bashar al Assad nel febbraio scorso per riconquistare l’enclave ribelle a pochi chilometri da Damasco. Per mesi ha postato sul suo profilo Facebook foto e video cercando di attrarre l’attenzione del resto del mondo su quanto stava accadendo nella Ghouta orientale. Le immagini degli effetti dei raid sulla popolazione civile oppure le difficili condizioni di intere famiglie costrette a vivere nascoste nei sotterranei, sono finite sulle prime pagine dei media internazionali più importanti. Anche Firas ha lasciato la sua casa a Douma e adesso vive nel nord della Siria.
“Ho visto con i miei occhi tre attacchi con gas cloro quando ero a Douma. Dopo la strage del 7 aprile, ci saremmo aspettati una reazione più forte ma sapevo che non sarebbe cambiato niente. E’ stato solo un attacco mediatico che non fermerà Assad. Nessun obiettivo militare importante è stato colpito. Si è trattato di uno show ma per noi questo non è uno spettacolo, è il mondo reale in cui continuiamo a morire.
Rami Adham è un ingegnere di 47 anni originario di Aleppo. Da molti anni vive in Finlandia. Nel 2012 ha cominciato a portare medicine e altri aiuti alla popolazione siriana ma, dopo aver visto la sofferenza dei bambini, ha deciso di mettere in una grossa sacca giocattoli e peluche per regalare un sorriso ai più piccoli e rendere meno dolorosa la loro vita. Viaggio dopo viaggio si è guadagnato il soprannome di ʽContrabbandiere di giocattoli’.
“Il crimine commesso a Douma ha creato una pressione nella comunità internazionale che ha costretto questi tre Paesi ad agire contro Assad. Ma è stata solo un’operazione teatrale orchestrata da Trump per dire al mondo ʽAvete visto? Abbiamo reagito’. Il presidente statunitense non ha alcuna strategia per la Siria e le sue azioni sembrano più le gesta di un ʽmacho’. L’attacco è durato poco più di mezz'ora e la maggior parte dei missili sono stati intercettati dalle difese siriane, un’ulteriore prova che è stata solo una sceneggiata concordata con i russi. Sappiamo molto bene che non cambierà nulla per noi. Assad rimarrà al potere fino a quando la Russia lo vorrà e sarà utile ai suoi interessi”.
La guerra in Siria è entrata nel suo ottavo anno. Cosa ti aspetti succeda adesso?
Muhammad: Spero che Assad non distrugga Idlib come ha fatto con Ghouta. Ma non ho nessuna fiducia nel regime. Mi sento molto triste perché ho dovuto abbandonare la mia casa e tutti i miei ricordi. Ho dovuto lasciare la tomba di mio padre a Douma su cui andavo ogni giorno a pregare. Come tutti i ragazzi, voglio vivere una vita normale: andare a scuola, giocare con i miei amici, fare dello sport. Invece di tutto questo, sono costretto a nascondermi perché la paura delle bombe mi accompagna sempre. Non puoi immaginare cosa significhi sentire fin dal primo mattino il suono dei bombardamenti e dei proiettili invece di quello degli uccelli cantare. A Idlib, quando ho sentito quei suoni ha avuto un sussulto perché mi hanno fatto ricordare i raid su Ghouta. Vorrei che la mia famiglia fosse felice ma non riesco a dimenticare.
Firas: Siamo stati assediati per anni, vivendo sotto il controllo dei ribelli di Jaish al Islam: eravamo tra due fuochi, da una parte Assad con il suo esercito e dall’altra questa formazione jihadista. Due dittature dello stesso tipo. Se avessi detto queste cose quando vivevo a Douma mi avrebbero messo in carcere ma sono in molti a pensarla come me. Io e la mia famiglia abbiamo lasciato tutto quando siamo partiti da Douma. Anche se adesso siamo in una zona sicura, quando sento il rumore di una moto alle mie spalle, ho paura perché ho ancora impresso nella mia memoria il suono delle bombe. La speranza di ritornare un giorno a casa mia c’è sempre però adesso la mia città è completamente in macerie. E’ folle che Assad abbia distrutto tante città e adesso parli di ricostruzione. Ogni guerra finisce con una negoziazione ma per noi è fondamentale che Bashar al Assad venga giudicato in una Corte internazionale e sia processato per i suoi crimini.
Rami: Penso che la Siria verrà divisa in tre zone. E questo è lo scenario migliore. Il peggiore invece vedrà Assad, dopo la vittoria nella Ghouta orientale, dirigere l’esercito verso Idlib o le zone rurali di Aleppo e Homs che ancora sfuggono al suo controllo. In questo caso dobbiamo aspettarci altri morti e altre stragi di civili. Anche con armi chimiche. La guerra nel mio Paese rimarrà una grande ferita nella storia e una vergogna per l’intera comunità internazionale. Una cosa è chiara: il futuro della Siria è nelle mani delle superpotenze e i siriani saranno chiamati a pagare il prezzo davanti agli occhi del mondo che assiste impotente al loro massacro.