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Siria, le prove che il regime di Assad è una “macchina di morte”

Un poliziotto siriano ha scattato delle fotografie dei corpi degli oppositori torturati: corpi lacerati, strangolamenti, scosse elettriche, volti senza occhi e corpi ridotti alla fame. Le immagini shock.
A cura di Davide Falcioni
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Il regime di Damasco utilizza sistematicamente la tortura nei confronti dei suoi oppositori. E' quanto emerge da un dossier realizzato da tre ex pubblici ministeri internazionali, basato sulle testimonianze di un'ex guardia carceraria. Il report, lungo 31 pagine, è stato pubblicato ieri da Guardian e Cnn e contiene, tra le altre cose, le immagini che provano il ricorso sistematico ai metodi di tortura più efferati: corpi lacerati, strangolamenti, scosse elettriche, volti senza occhi e corpi ridotti alla fame. David Crane, ex procuratore del Tribunale Speciale della Sierra Leone, ha dichiarato che è "evidente che il regime di Assad è una macchina costruita per uccidere". Crane ha collaborato con Desmond De Silva – ex procuratore capo del tribunale Speciale della Sierra Leone – e di Geoffrey Nice, ex procuratore capo al processo contro l'ex presidente serbo Slobodan Milosevic.

Immagine tratta dal dossier
Immagine tratta dal dossier

L'identità della fonte che ha fornito le prove delle torture resta ovviamente anonima. Nel dossier egli viene semplicemente chiamato "Cesare": si tratta di un poliziotto siriano che è riuscito a scattare le fotografie e a farle uscire dal paese su una memory card. A quel punto i files sono finiti nelle mani del Syrian National Movement, movimento di opposizione finanziato dal Quatar, che a sua volta ha sottoposto le fotografie a Nazioni Unite, governi e associazioni per i diritti umani. Non è certamente un caso che il report sia stato reso disponibile a pochi giorni dall'inizio della Conferenza di Pace Ginevra II, organizzata nel tentativo di trovare una strada diplomatica per mettere fine a una guerra lunga ormai quasi tre anni.

Immagine tratta dal dossier
Immagine tratta dal dossier

Cesare ha spiegato agli investigatori di aver fotografato dei detenuti uccisi. Il suo lavoro era quello di recarsi negli ospedali dove i corpi venivano trasportati e fotografare ogni cadavere: "La ragione per cui dovevo fotografare i corpi era duplice: la prima, e la più importante, era mostrare gli scatti alle famiglie, senza permettere loro di visionare i corpi ed evitando così di spiegare la vera causa dei decessi. Alle famiglie veniva detto che si trattava di attacchi di cuore o crisi respiratorie, e che la morte era avvenuta in ospedale. Una volta fotografati i corpi venivano sepolti in zone rurali del paese".

Immagine tratta dal dossier
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Secondo il Guardian "esperti indipendenti e delle Nazioni Unite hanno raccolto molte testimonianze degli abusi da parte dei ribelli e del regime, ma queste foto rappresentano la prova più dettagliata finora prodotta".

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