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Siria, Kerry: “Usati gas su larga scala. Il responsabile dovrà risponderne”

“Pochi dubbi su Assad”: il regime siriano ha “qualcosa da nascondere”, ha detto il segretario USA, sottolineando che “l’attacco chimico indiscriminato ha scosso la coscienza del mondo”. Ed ora Obama sta davvero pensando ad un intervento militare.
A cura di Biagio Chiariello
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Così come aveva fatto in giornata la NATO, anche il segretario di Stato Usa John Kerry condanna l'uso di armi chimiche da parte del regime del presidente Bashar al-Assad. Parlando del presunto attacco col gas di mercoledì scorso vicino a Damasco, che secondo l’opposizione siriana ha causato 1.300 morti, Kerry ha descritto una “oscenità morale e una violazione delle norme internazionali che non può rimanere senza conseguenze. In Siria c’è stato un attacco chimico su larga scala, indiscriminato e che ha scosso la coscienza del mondo. Le armi chimiche sono state usate e sappiamo che il regime le ha ed è determinato a eliminare l’opposizione da quei luoghi che sono stati oggetto dell’attacco. La tardiva decisione di permettere un accesso (agli ispettori, ndr) è fin troppo tardiva per essere credibile. Il presidente (Obama, ndr) prenderà una decisione informata su come rispondere. Egli crede che chi ha fatto ciò ne sia ritenuto responsabile”.

La situazione in Siria si fa dunque sempre più seria. Secondo alcune fonti di Washington, Obama vorrebbe chiarire che l'uso di armi chimiche (come anche quelle batteriologiche o nucleari) non è tollerabile nemmeno nei conflitti armati più duri. Di qui l'intervento militare contro Assad, che però non implica che gli USA abbiano intenzione di scendere in campo. Anche perchè tra i ribelli, ci sono le milizie di Al Qaeda ormai infiltrate ormai ovunque. Le parole di Kerry sono arrivate al termine di una giornata in cui le possibilità dell’intervento militare contro il Paese mediorientale è diventata più che mai concreta, tra posizioni interventiste come quelle di Regno Unito e Turchia, che invocano l'azione anche senza mandato dell’Onu, e quelle meno dure dell'Unione europea e dell'Italia.

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