Siria: i carri armati entrano a Banias
In Siria la repressione che non accenna a fermarsi. Stamattina le truppe governative sono entrate a Banias, una città che si trova nel nord-est del Paese, spesso teatro di violente proteste antigovernative. I militari, che sono entrati in città con l'aiuto dei carri armati, sarebbero diretti verso i quartieri a sud di Banias, dove è presente una folta colonia di manifestanti. Sono molte le persone che cercano di fermare la loro avanzata, formando vere e proprie catene umane per impedire ai mezzi corazzati di muoversi. La situazione in città, al momento, è molto tesa. Alcuni attivisti per i diritti umani riferiscono che sono state tagliate le comunicazioni e la rete elettrica.
Insomma, in Siria si continua a respirare aria pesante, nonostante ieri si sia fatto il pieno di violenza. Nella manifestazione di ieri, ribattezzata "il venerdì della sfida", si sono registrati durissimi scontri tra le forze di Bashar Al Assad e i manifestanti. Il bilancio è stato tragico: 26 persone infatti avrebbero perso la vita e 3 sarebbero rimaste ferite. Fonti del governo hanno anche riferito che gli scontri di ieri avrebbero fatto 10 vittime tra poliziotti e militari. I dati, al momento, restano provvisori. Quel che è certo, però, è che la rivolta in Siria sta letteralmente massacrando il Paese: dall'inizio della rivolta, secondo le Ong, sarebbero morte circa 600 persone. Gli arresti, invece, sarebbero migliaia e migliaia.
Sulla questione l'Onu fatica ancora a trovare un punto di vista condiviso. Ad esporsi, come al solito, ci hanno pensato gli Stati Uniti, forti anche del prestigio internazionale raggiunto con l'uccisione di Osama Bin Laden. Quello che è chiaro è che per l'America repressioni del genere non possono essere tollerate. In un comunicato diffuso dalla Casa Bianca, infatti, si legge che
Gli Stati Uniti ritengono che le deplorevoli azioni della Siria contro il suo popolo meritino una forte risposta internazionale e adotteranno ulteriori passi per chiarire la nostra forte opposizione al trattamento del governo siriano contro il suo popolo.