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Siria, come e perché è scoppiata la guerra. E perché la caduta di Aleppo è così importante

La conquista di Aleppo da parte delle truppe di Bashar Al Assad segna un punto di svolta nella guerra civile siriana. Perché la città è stata così martoriata? Cosa accadrà adesso in Siria? E’ più vicina la fine della guerra?
A cura di Mirko Bellis
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L'esercito siriano dentro la Gran moschea degli Omayyadi di Aleppo (Sana-Gettyimages)
L'esercito siriano dentro la Gran moschea degli Omayyadi di Aleppo (Sana-Getty Images)

Aleppo è ormai sotto il pieno controllo dell'esercito siriano e dei suoi alleati. Le truppe lealiste, grazie all'intervento dell’aviazione russa, hanno espugnato gli ultimi quartieri orientali ancora in mano agli insorti. La “Sarajevo” siriana è stata il teatro della peggior battaglia combattuta finora tra i militari fedeli al presidente Bashar al Assad e le forze ribelli, un insieme variegato di sigle che va dall'Esercito libero siriano fino ai jihadisti filo Al Qaeda. La riconquista di Aleppo segna un punto di svolta nella sanguinosa guerra civile che da oltre cinque anni insanguina la Siria.

Come e perché è scoppiata la guerra civile?

Le contestazioni contro il governo di Assad cominciano ufficialmente il 15 marzo 2011 quando migliaia di persone scesero in piazza nelle principali città siriane. La scintilla che diede il via alle prime proteste fu l’arresto di un gruppo di adolescenti che dieci giorni prima scrisse sui muri di una scuola a Daraa, una città nel sud del paese al confine con la Giordania: “Il popolo vuole rovesciare il regime”. Quando i genitori reclamarono la loro liberazione, secondo quanto riportò la Cnn, i poliziotti risposero: "Dimenticatevi dei vostri figli. Se volete davvero dei figli, dovreste cominciare a pensare di farne degli altri. Se non sapete come fare, possiamo farvelo vedere noi". Il mancato rilascio dei ragazzi e la notizia delle sevizie a cui erano stati sottoposti, innescò la rabbia che covava da tempo tra la popolazione. Sulla scia della primavera araba che stava infiammando le popolazioni egiziane e libiche, i siriani diedero vita alle maggiori manifestazioni di massa mai accadute in Siria nella storia recente. Il regime reagì con arresti, uccisioni e sparizioni ma non riuscì a soffocare il dissenso. In poche settimane le proteste si allargarono a tutta la Siria. Di fronte alla repressione del regime, un gruppo di ufficiali disertori proclamò la nascita dell’Esercito libero siriano (Free Syrian Army FSA). La lotta armata diventa inevitabile. Inizia la guerra civile.

Quali sono le forze in campo?

Ben presto appaiono sulla scena anche le formazioni jihadiste, come il Fronte Al Nusra (la "filiale" di Al Qaeda in Siria) e successivamente lo Stato Islamico che riesce a conquistare in poco tempo grandi porzioni di territorio, instaurando a Raqqa la sua “capitale”. AI finanziamenti delle monarchie del Golfo, Turchia e degli stessi Stati Uniti ai ribelli moderati si contrappone l’intervento dell’Iran e delle milizie sciite libanesi di Hezbollah a fianco di Assad. La guerra non risparmia i civili e le stragi e i massacri da una parte e dall'altra sono quotidiani. Le sorti del conflitto sembrano volgere contro il regime quando la Russia il 30 settembre del 2015 decide di intervenire appoggiando le truppe di Damasco con i raid aerei. Ormai in Siria si combatte una guerra per procura dove le principali potenze coinvolte – regionali e mondiali – usano le varie fazioni di combattenti come fossero pedine. Intanto il numero di vittime continua ad aumentare e, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha ormai raggiunto i 312.000 morti (149.000 civili, tra cui quasi 16.000 bambini).

Perché Aleppo è così importante?

Aleppo, dove prima della guerra vivevano circa 2,3 milioni di persone, era il centro economico del Paese. Patrimonio mondiale dell'Unesco e capitale culturale del mondo islamico, questa città al nord della Siria all'inizio della rivolta contro Assad nel 2011, sembra immune dalla violenza che invece comincia ad estendersi in altri centri abitati come Homs o Idlib.

Nel luglio del 2012 diventa improvvisamente un campo di battaglia, quando i ribelli attaccano la zona sudest della città. La conquista di Aleppo, nelle intenzioni del fronte anti Assad, dovrebbe garantire loro il controllo della frontiera con la Turchia, indispensabile per far arrivare rifornimenti e armi. Ma l'assalto dei ribelli non è decisivo e la città finisce di fatto divisa a metà. La parte orientale e meridionale in mano all'opposizione e quella occidentale sotto il controllo del governo.

Nel corso degli ultimi quattro anni, la battaglia per Aleppo è diventata il simbolo della guerra civile siriana. Lì combattono un po’ tutti: c’è l’esercito regolare insieme ai libanesi di Hezbollah e alle milizie sciite a guida iraniana; c’è quel che resta dell’Esercito libero siriano (la prima formazione combattente composta da militari insorti), accanto al Fronte al Nusra e ai gruppi di ispirazione qaedista; e infine appare sulla scena anche lo Stato Islamico.

Appare subito chiaro che per il regime di Damasco la riconquista della città diventa una priorità. Ed è grazie all'intervento russo che la sorte di Bashar Al Assad comincia a cambiare. Dal 2015 l'avanzata delle forze siriane diventa inesorabile proprio grazie al supporto dell’aviazione russa che bombarda senza pietà gli avamposti dei ribelli, a scapito degli innumerevoli civili che ancora si trovano in città. Ospedali e cliniche pediatriche finiscono nell'obiettivo dei raid aerei russi e governativi e il conto del numero di morti, soprattutto bambini, diventa una drammatica routine.  La battaglia di Aleppo, con oltre 100.000 morti, ha evidenziato ancora una volta, dopo le tragedie in Bosnia, Ruanda o Sudan, il fallimento della comunità internazionale nella protezione dei civili. Tutti gli sforzi per un cessate il fuoco che potesse permettere alle parti di negoziare è durato lo spazio di pochi giorni lasciano subito la parole alle armi.

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Che cosa succederà adesso in Siria?

La caduta di Aleppo è la peggior sconfitta per le forze ribelli. E’ stata la battaglia decisiva sia sul piano militare, perché permetteva il collegamento con il confine turco, sia sul piano simbolico. Per Assad la riconquista della città più ricca della Siria, darà una nuova spinta per la controffensiva contro gli insorti. Per la Russia, senza ombra di dubbio, rappresenta un successo che Putin farà valere nelle stanze della diplomazia mondiale. La vittoria ad Aleppo però non segnerà la fine della guerra civile. I combattimenti proseguiranno. Bashar Al Assad ha sempre insistito sulla necessità di liberare anche le altre zone ancora controllate dai ribelli. Molti di loro sono scappati da Aleppo per rifugiarsi nella campagna circostante e a Idilib e tutto lascia supporre che proprio questa città ad ovest della Siria diventerà presto il prossimo campo di battaglia. Grandi parti del territorio, inoltre, sono in mano ai jihadisti dello Stato Islamico e in quasi tutto il nord le forze curde godono di una totale autonomia. E’ abbastanza prevedibile quindi che la violenza continuerà ancora a lungo.

Quali sono le prospettive per una soluzione politica?

I negoziati per porre fine al conflitto dipenderanno molto anche dalla nuova amministrazione Usa che si insidierà a gennaio. Le posizioni del neo eletto presidente Trump sulla Siria lasciano supporre un giro radicale rispetto a quanto fatto finora da Obama. Senza i finanziamenti e le armi che alcune delle fazioni ribelli più moderate ricevevano da Washington e dai suoi alleati, le possibilità per gli insorti di proseguire la guerra potrebbero azzerarsi. Inoltre, i successi militari di Assad potrebbero indurlo a continuare la via militare per la soluzione del conflitto, una strada che il presidente siriano ha più volte sottolineato essere l’unica possibilità.

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