Un uomo solo contro il mondo. Anzi no, contro l’Italia. Lui è Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di Firenze, e grazie alla sua attività di denuncia, a settembre, la Commissione Europea potrebbe procedere a una nuova procedura d’infrazione nei confronti del nostro paese.
Già, perché Marco Bazzoni è da anni uno dei principali attivisti che si impegnano per sensibilizzare sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro. La procedura d’infrazione tratta proprio di questo: “Sono prescrizioni minime per la sicurezza e la salute sul lavoro nei cantieri, e difatti è nota come direttiva cantieri, che non sono state recepite nel nostro paese”, commenta Bazzoni.
La denuncia è di giugno 2013, e riguarda i contenuti del decreto Fare del governo Letta (a loro volta ripresi dal dl semplificazioni bis del governo Monti). I punti contestati da Bazzoni erano due: Il primo riguarda il documento di valutazione del rischio (DVR), in caso di interferenza tra attività a basso rischio ma effettuate simultaneamente. Secondo la denuncia questo punto non rispettava la direttiva europea 89/391/CEE.
Su questo problema, scrive Maria Teresa Moitinho de Almeida, capo unità del dipartimento sulla sicurezza sul lavoro della Commissione Europea: “Non ha stabilito alcun motivo per concludere l’esistenza di una violazione della direttiva europea”. Punto pre-archiviato, dunque.
L’infrazione, invece, riguarda il secondo punto indicato da Bazzoni: “Il decreto Fare limita il campo di applicazione della direttiva 92/57/CEE per le prescrizioni minime di sicurezza e salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”. Alcune categorie di lavoro rimarrebbero escluse dalle prescrizioni di sicurezza dei cantieri, creando dei rischi non conformi alle norme europee. Proprio in quei luoghi, i cantieri, dove gli incidenti avvengono con maggiore frequenza.
Scrive de Almeida: “Abbiamo intenzione di proporre che la Commissione avvii un procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia”. Perché la risposta delle autorità italiane: “Non ha dissipato i dubbi circa la corretta attuazione in Italia della direttiva”.Ironia della sorte, la procedura arriverà a tre anni esatti dall’apertura della prima procedura d’infrazione per la sicurezza sul lavoro. Già, perché questa non è la prima volta che l’Europa bacchetta l’Italia. E anche la prima volta fu grazie all’intervento di Marco Bazzoni.
Nel 2009 l’operaio fiorentino aveva denunciato alla Commissione la mancata conformità del recepimento in Italia (d.lgs 106/09) della direttiva europea 89/391/CEE, in tema di sicurezza. In particolare gli attriti stavano nella deresponsabilizzazione del datore di lavoro, e nelle tempistiche per redarre il documento sulla valutazione dei rischi (DVR) di una nuova impresa, troppo lunghi.
“È la seconda procedura d’infrazione – dice Bazzoni – e ora arriveranno la terza e la quarta”. Già, perché esistono altre due denunce: una sulla mancata notifica dell’Italia del d.lgs 81/08, l’altra sul decreto lavoro del governo Renzi. Che violerebbe la direttiva europea 1999/70/CEE sui contratti di lavoro a tempo determinato.
Si diceva, un uomo solo contro il mondo. Bazzoni, infatti, ha fatto tutto senza l’aiuto di sindacati, partiti o avvocati: “Non ci speravo, servivano 10 settimane perché le autorità italiane rispondessero alla Commissione e altre 10 perché questi valutassero”, commenta l’attivista.
E sono tante le persone in Italia che si attivano, a costo di enormi sacrifici personali, per intervenire dove le istituzioni non arrivano più. Come Carlo Soricelli, dell’Osservatorio morti sul lavoro, o le associazioni di Valerio e Roberta Toffoluti, di Graziella Marota. L’attività di queste persone che agiscono individualmente è preziosa, perché riguardano la vita e la morte delle persone.
Eppure, i diversi governi sembrano non recepire i richiami sul tema della sicurezza sul lavoro, spesso ripresi anche dal presidente Giorgio Napolitano. Commenta Bazzoni: “Ora il governo Renzi parla di un ispettore unico per le aziende, che controlli la sicurezza, così come il fisco. Ma ti sembra possibile?”.