Sarah Everard è una donna di 33 anni, vive a Londra dove lavora come direttrice marketing, ha diversi amici, tanti interessi e un fidanzato e come tutti prova a vivere la sua vita nella nuova "normalità" alla quale ci ha costretti la pandemia. È il 3 marzo quando Sarah è a casa di un amico che saluta poco dopo per far ritorno nel suo appartamento: percorre il vicino parco di Clapham Common e mentre cammina fa una chiamata al fidanzato di circa 14 minuti. Le ultime immagini di Sarah giungono proprio da questa passeggiata quando il suo volto viene registrato dalla telecamera di un videocitofono: sono le 21.28. Da quel momento di Sarah non si hanno più notizie, la 33enne non tornerà mai casa. Il suo corpo, o ciò che ne resta, viene ritrovato dopo una settimana, in un bosco della città di Ashford, nel Kent: a quei resti umani viene dato un nome solo grazie alle impronte dentali che ne confermano l'identità. Appartengono a Sarah Everard.
Le donne che chiedono maggiore sicurezza e libertà
Nelle stesse ore viene arrestato il presunto autore di questo atroce delitto: si chiama Wayne Couzens, è un agente di polizia del Comando di protezione parlamentare e diplomatica, unità incaricata di proteggere la tenuta parlamentare del Regno Unito e le ambasciate a Londra. La notizia balza in poco tempo sulle prima pagine dei principali giornali britannici: una donna è stata uccisa mentre tornava a casa, da sola, per mano di un uomo, un poliziotto, rappresentante della legge e figura preposta a tutelare i cittadini. Centinaia di donne decidono spontaneamente di organizzare una veglia in ricordo di Sarah nel parco a sud di Londra dove è stata vista l'ultima volta la sera del 3 marzo prima di sparire. Il ricordo è misto alla rabbia di quelle donne che gridano e chiedono maggiore sicurezza, maggiore libertà. La polizia reprime con la forza suscitando ulteriore indignazione nel Paese. Anche Kate Middleton ricorda la 33enne lasciando un mazzo di fiori a Clapham Common.
Il 97% delle donne in Gran Bretagna ha subito molestie
Intanto la stessa notizia arriva in maniera frazionata anche in Italia. Si parla di un omicidio, un femminicidio, l'ennesimo, ma nessuno sembra prestare attenzione a quanto sta accadendo in Inghilterra dove centinaia di donne rivendicano qualcosa che per gli uomini sembra essere scontato: sentirsi al sicuro quando si cammina per strada, quando si torna a casa. E rispuntano i dati di un recente sondaggio secondo cui il 97 per cento delle donne in Gran Bretagna ha subito molestie. Mentre secondo una ricerca dell'ISTAT del 2018 il 36,6 per cento delle donne italiane ha ammesso di non uscire di casa la sera per paura. Allora riaffiora la domanda "perché per non correre rischi dobbiamo perdere la nostra libertà?"
Una donna uccisa non fa più notizia
Sarah "ha rispettato" quelle che sono delle tacite regole imposte a noi donne: non tornare a casa tardi, non tornare a casa da sola, fingi di stare al telefono, prendi le chiavi in mano per dissuadere gli aggressori, percorri strade illuminate, non vestirti in maniera provocante e non bere troppo. Eppure Sarah è stata uccisa, perché vittima di una violenza di genere. L'educazione di genere continua a essere considerato qualcosa di superfluo nel migliore dei casi, qualcosa che non riguarda la politica e nemmeno l'opinione pubblica. Perché la notizia di una donna uccisa non fa più notizia. Non se l'assassino non è lo straniero, l'ex marito, il fidanzato. Invece in questo caso una donna è stata uccisa da un poliziotto, un uomo qualunque che non fa notizia.