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“Setta del digiuno” in Kenya, più di 400 vittime: trovate centinaia di stanze di tortura

Le forze dell’ordine keniote hanno trovato 214 stanze di tortura utilizzate dalla “Chiesa internazionale della buona novella”, il controverso culto fondato dal predicatore Paul Mackenzie e ribattezzato la “setta del digiuno”. Gli adepti non sarebbe solo stati costretti a non mangiare “per vedere Gesù”, ma anche a subire violenze fisiche e psicologiche.
A cura di Eleonora Panseri
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Le forze dell'ordine in Kenya sul luogo del ritrovamento dei corpi delle vittime della "setta del digiuno".
Le forze dell'ordine in Kenya sul luogo del ritrovamento dei corpi delle vittime della "setta del digiuno".

Proseguono in Kenya le indagini sulla cosiddetta "setta del digiuno", il gruppo religioso che nel Paese ha fatto più di 400 morti. Alla macabra storia si aggiunge ora un ulteriore inquietante tassello: le forze dell'ordine locali hanno trovato 214 stanze di tortura utilizzate dalla "Chiesa internazionale della buona novella", il controverso culto fondato dal predicatore Paul Mackenzie, arrestato mesi fa insieme ad altre 36 persone. A riportare la notizia è stato il quotidiano The Standard. 

Torture fisiche e psicologiche sugli adepti

Secondo gli investigatori, gli adepti della setta non sarebbero stati solo costretti a digiunare "per poter vedere Gesù in paradiso", come diceva loro il capo, ma sarebbero stati anche torturati fisicamente e psicologicamente o direttamente uccisi, prima di morire di stenti. "È chiaro che sono stati costretti a digiunare – ha spiegato ai media uno degli investigatori – nelle stanze di tortura sono stati recuperati pezzi di stoffa e strumenti orribili".

Trovati oltre 400 corpi

Il luogo in cui gli adepti della setta si riunivano si trova nell'entroterra della città turistica di Malindi, nella foresta di Shakahola. Oltre 300 ettari sono stati dichiarati scena del crimine dal ministro dell'Interno Kithure Kindiki. Le autopsie sugli oltre 400 corpi ritrovati hanno rivelato orribili segni di violenza.

In molti casi le vittime sarebbero state strangolate o sgozzate, a molti cadaveri mancherebbero alcuni organi. All'appello ne mancherebbero altri 260 da recuperare. Secondo le testimonianze raccolte, Mackenzie sarebbe stato solito legare i suoi adepti, in particolare le donne. A sorvegliare i prigionieri ci sarebbero stati uomini armati di machete in modo da non poter scappare e non poter ricevere cibo.

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Il predicatore Mackenzie: "Sono innocente"

Lo scorso 2 giugno il predicatore Mackenzie, durante un'udienza al tribunale di Mombasa, ha proclamato la sua innocenza: "Non so cosa ci faccio dietro le sbarre, sento che è un'ingiustizia, ma sono certo che il Signore, che servo e di cui mi fido, mi aiuterà". L'uomo è in carcere dallo scorso 15 aprile ma le autorità locali hanno intenzione di chiedere un prolungamento della custodia cautelare per poter completare le indagini che proseguiranno per chiarire tanti aspetti dell'assurda vicenda.

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